Santi
R-S Radegonda
- Raffaele
Arcangelo - Raimondo
- Remigio Vescovo - Riccardo -
Riccardo Pampuri - Rita - Roberto
Bellarmino - Roberto di Newminster
-
Rocco - Rosa
da Lima - Rosa da Viterbo - Rosalia
Salvo D'Acquisto - Samuele Profeta - Santina Campana -
Saturnino di Tolosa - Savina -
Scolastica
- Sebastiano
- Serafino di Sarov - Sergio e
Bacco - Sergio I Papa - Silvestro Abate -
Silvestro Papa -
Simeone - Simeone Vescovo - Simone e Giuda Apostoli
- Sisto II Papa - Spiridione - Stanislao Kostka -
Stefana - Stefano Papa -
Stefano
- Stefano Re |
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Santa
Radegonda |
(Turingia,
518 - Poitiers, 13 agosto 587)
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S. Radegonda moglie di Clotario Re di Francia, seppe con mirabil modo conservare fra le regie grandezze la vera umiltà cristiana. S'impiegava con molta carità nel soccorrere di propria mano ai bisogni dei poveri infermi, e curava perfino le loro piaghe, ancorché fossero schifose. Proteggeva
presso il Re suo marito i buoni ecclesiastici, le vedove afflitte, gl'innocenti oppressi. Col consenso del Monarca si ritirò in un Monastero, e si sottomise con tanta umiltà all'ubbidienza, che mostrava d'essere la serva di tutte. Animava le sue Monache a servir Dio fedelmente, dicendo loro spesse volte queste parole:
"Figliuole mie cerchiamo Dio con semplicità di cuore, perché possiamo dirgli con fiducia: dateci Signore la ricompensa che ci avete promessa, giacché noi
con la vostra grazia abbiam fatto quello che ci avete comandato".
Si studiava la Santa di rendersi in tutto simile ai suo celeste Sposo; e giunto il tempo in cui Dio volle coronare le virtù di questa S. Regina, la chiamò a sé con una preziosa morte con incredibile cordoglio di tutte le sue Religiose, le quali piansero la perdita della loro cara madre su, questa terra, benché si consolassero, perché era andata ad interceder per loro in cielo.
(Da San Venanzio Fortunato).
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San Raffaele
Arcangelo |
-Al
di là del tempo e dello spazio-
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San Raffaele Arcangelo è, come
ci ha rivelato egli stesso, uno dei Sette Angeli che stanno innanzi al
Trono di Dio. Lo incontriamo nell'Antico Testamento, in particolare nel
Libro di Tobia. Apparve infatti a Tobia sotto le sembianze di Azaria,
offrendogli il suo aiuto e la sua compagnia nel viaggio che questi doveva
affrontare da Ninive a Rages. L'intero racconto biblico è troppo lungo,
ma conviene ricordarne la conclusione, e meditarla
attentamente. Quando Tobi e Tobia,
felici perché ogni cosa era andata per il meglio, chiamarono il sedicente
Azaria per ricompensarlo, Raffaele li chiamò tutti e
due in disparte e disse loro: "Benedite Dio e proclamate davanti a
tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato
il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è
giusto, e non trascurate di ringraziarlo. È bene tener nascosto il
segreto del re, ma è cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di
Dio. Fate ciò che è bene e non vi colpirà alcun male. Buona cosa è la
preghiera con il digiuno e l'elemosina con la giustizia. Meglio il poco
con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare
l'elemosina che mettere da parte oro. L'elemosina salva dalla morte e
purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l'elemosina godranno lunga
vita. Coloro che commettono il peccato e l'ingiustizia sono nemici della
propria vita. Io vi voglio manifestare tutta la verità, senza nulla
nascondervi: vi ho già insegnato che è bene nascondere il segreto del
re, mentre è cosa gloriosa rivelare le opere di Dio. Sappiate dunque che,
quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo l'attestato della
vostra preghiera davanti alla gloria del Signore. Così anche quando tu
seppellivi i morti. Quando poi tu non hai esitato ad alzarti e ad
abbandonare il tuo pranzo e sei andato a curare la sepoltura di quel
morto, allora io sono stato inviato per provare la tua fede, ma Dio mi ha
inviato nel medesimo tempo per guarire te e Sara tua nuora. Io sono
Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla
presenza della maestà del Signore". Allora furono riempiti di
terrore tutti e due; si prostrarono con la faccia a terra ed ebbero una
grande paura. Ma l'angelo disse loro: "Non temete; la pace sia con
voi. Benedite Dio per tutti i secoli. Quando ero con voi, io non stavo con
voi per mia iniziativa, ma per la volontà di Dio: lui dovete benedire
sempre, a lui cantate inni. A voi sembrava di vedermi mangiare, ma io non
mangiavo nulla: ciò che vedevate era solo apparenza. Ora benedite il
Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Io ritorno a colui che mi ha
mandato. Scrivete tutte queste cose che vi sono accadute". E salì in
alto. Essi si rialzarono, ma non poterono più vederlo. Allora andavano
benedicendo e celebrando Dio e lo ringraziavano per queste grandi opere,
perché era loro apparso l'angelo di Dio.
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San Raimondo
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(Penyafort, Catalogna, 1180
- Barcellona, 1275)
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San Raimondo nacque in
Catalogna, e fu detto Nonnato. poiché venne alla luce non secondo le vie
ordinarie, ma con incisione estratto dal cadavere della sua defunta madre.
Professò una specialissima devozione alla SS. Vergine; ed entrato
nell'Ordine di S. Maria della Mercede poco prima istituito. cominciò con gran
fervore di spirito a battere la strada della perfezione. Per adempire al fine
e all'obbligo principale dello stato abbracciato , si portò in Barberia per
il riscatto degli schiavi, che fu abbondantissimo; e dopo aver consumato
tutto il danaro per redimerli, non avendo altro da impiegarvi, diede sé
stesso in ostaggio per ottenere la liberazione di molti altri. Trovandosi
fra quegl' infedeli s'impiegava tutto a benefizio delle anime predicando loro
la divina parola, e ne riportò in ricompensa strazi, e tormenti. Il Pontefice
Gregorio X per onorare in lui la gloriosa qualità di Confessore di Gesù
Cristo, lo creò Cardinale della Chiesa Romana. Nel viaggio però che egli
faceva alla volta di Roma cadde infermo di una febbre violenta nella città di
Cardona; ed in breve tempo passò alla immortale vita nel cielo.
(Dai Bollandisti).
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San Remigio
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(
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S.
Remigio nacque nelle Gallie da genitori della primaria nobiltà; e fin dalla sua gioventù fece tali
e tanti progressi nella pietà e nelle lettere, che e per la sua scienza, e per le sue virtù
meritò persino di essere eletto in un' età assai fresca Vescovo di Rems. Era attento e vigilante nel soccorrere ai bisogni del suo gregge, e nel pascerlo frequentemente della parola di Dio; e le sue istruzioni riuscivano di un gran profitto, perché le animava
con l'esempio della sua santa vita. Si rese celebre il suo nome non solo in tutte le Gallie, ma eziandio in tutta la Chiesa per la conversione
di Clodoveo Re dei Franchi, e della nazione Francese al Cristianesimo; onde
meritamente è riguardalo come l' Apostolo di essa. Presentatosi Clodoveo
per ricevere il sacrosanto lavacro, e purgare in esso le sue colpe, il S. Vescovo gli disse queste memorabili parole: Umiliatevi, o Principe, sotto la mano onnipotente del Signore dell'universo; e poi soggiunse: Date alle fiamme quel che già adoraste;
adorate quel che già deste alle fiamme. Travagliò indefesso sino all'ultimo per l'estirpazione del paganesimo, e dell'ariana eresia; e pieno di meriti andò a godere il premio dovuto a tante sue
fatiche. (Da S. Venanzio Fortunato). |
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San Riccardo
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(Inghilterra, 1197 - 1253)
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San Riccardo inglese, fin
dall'età sua più tenera ebbe avversione dei divertimenti mondani. Dopo una
matura gioventù impiegata negli studi fu creato Vescovo di Chirchester, e
comparve adorno
di tutte le virtù
convenienti ad un posto cosi riguardevole. Visitava con gran diligenza la
sua Diocesi: somministrava ai bisognosi danari in quantità, procurando di
provvedere alle loro indigenze con abbondanti elemosine, e ritenendo per sé
quanto
era bastante per il suo
mantenimento, non solamente sobrio e frugale, ma povero, mortificante, e
penitente. Quanto era benigno, umile, e mansueto verso quelli, che
conducevano una vita buona e conveniente al loro stato, altrettanto si mostrò
severo contro i malvagi , e specialmente contro quegli Ecclesiastici, che
con una vita empia e scandalosa profanavano il loro grado. Ebbe un
singolare distacco dalla
carne, dal sangue, e dalle cose materiali. Insomma non aveva altra mira, che
di piacere a Dio, e di santificare sé ed il popolo affidato alla sua cura,
tenendo davanti agli occhi quell'eterna ricompensa, a cui pervenne dopo 56
anni di
vita. (Dai Bollandisti).
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San Riccardo
Pampuri |
(
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Il piccolo Erminio era il penultimo degli 11 figli di Innocente Pampuri e Angela Campari. La madre morì di tubercolosi quando aveva 3 anni. Nel frattempo erano anche sorte difficoltà economiche per il padre perciò fu affidato agli zii materni: i due fratelli Maria e Carlo Campari che vivevano a
Torrino, non lontano da Trivolzio, insieme ai genitori poiché non si erano mai sposati. Il padre, peraltro, morì nel 1907 per un incidente stradale. In questo periodo frequentò la scuola elementare.
Cominciò a frequentare il ginnasio a Milano ma si trovò in difficoltà a causa dell’ambiente a lui non congeniale malgrado la presenza della sorella Maria, con la quale ebbe sempre un ottimo rapporto che proseguì anche quando ella entrò in convento, dove prese il nome di Suor Longina. Gli zii, valutando la situazione, decisero comunque di trasferirlo a Pavia, dove frequentò il liceo “Ugo Foscolo” dimostrando notevole inclinazione per le discipline scientifiche. Conseguita la maturità, si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell’Università di Pavia, nell’anno accademico 1915-1916, forse per seguire l’esempio dello zio, il quale era medico condotto. Nel 1917 dovette interrompere gli studi perché fu richiamato alle armi: svolse il suo servizio nel Corpo di Sanità dove ricoprì il grado di Caporale. Si trovava nei pressi di Caporetto in un ospedale da campo quando gli italiani si dovettero ritirare in fretta e furia fino alla linea del Piave per evitare l’accerchiamento: si trattava di quella che fu definita “la disfatta” di Caporetto. In mezzo alla confusione e allo sbandamento Erminio si fece carico di radunare le attrezzature mediche più utili alla cura dei feriti, caricarle su un carro trainato da una mucca, e di trasportarle da solo sotto il fuoco nemico sebbene “protetto” da avverse condizioni atmosferiche. Per 24 ore condusse quel carro e riuscì a riunirsi ai suoi commilitoni che, ormai, non speravano più di rivederlo. Questo gesto gli fruttò la promozione a Sergente, la medaglia di bronzo al valore, una licenza premio e una brutta pleurite dalla quale non si riprese mai del tutto. Nel 1918, ancora prima di essere congedato poté riprendere gli studi. Nel 1920 fu congedato con il grado di Sottotenente. Nel 1921 si laureò con il massimo dei voti.
Nel 1927 Erminio matura la decisione di aderire all’ordine di San Giovanni di Dio. Malgrado la contrarietà degli zii entrò in convento il 22 giugno 1927. Vestì l’abito dei Fatebenefratelli il 21 ottobre dello stesso anno e prese il nome di Riccardo in onore di don Riccardo Beretta, il sacerdote a cui Erminio si era affidato per la guida spirituale. Il “quarto voto” dei Fatebenefratelli, che prescrive l’ospitalità e l’assistenza ai malati, era evidentemente congeniale ai fra’ Riccardo. Destinato all’Ospedale Sant’Orsola di Brescia, si volle occupare dei servizi più umili. In ospedale svolgeva il compito di inserviente, confondendo i pazienti quando se lo vedevano comparire di nuovo davanti con il camice bianco per effettuare le visite mediche. Si occupò della formazione dei confratelli che dovevano diventare infermieri e infine gli venne affidato l’ambulatorio dentistico dell’ospedale.
Nel 1929 i disturbi respiratori che fra Riccardo aveva fin dalla guerra si aggravarono e sfociarono in una tisi. Dal gennaio 1930 non poté più svolgere il suo servizio e continuò a peggiorare. Il 27 aprile fu trasferito a Milano alla casa dell’Ordine. Morì la mattina del primo maggio.
Il 4 maggio furono celebrate le esequie da quel don Riccardo Beretta da cui aveva preso il nome. Fu seppellito a Trivolzio. Nel 1949 cominciò il processo per la beatificazione che avvenne il 4 ottobre 1981. Il primo novembre 1989
fra Riccardo fu proclamato santo.
La memoria liturgica ricorre, com'è tradizione, il giorno della morte: il 1 maggio.
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Santa Rita
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(Roccaporena, 1381 -
Cascia, 1457)
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Santa Rita da Cascia al secolo Rita Lotti , fu una monaca
agostiniana nella regione di Cascia, nella diocesi di
Spoleto.
La prima parte della vita di Rita da Cascia è piuttosto oscura, esistono fonti scritte piuttosto tarde, come la ricostruzione agiografica fatta da Agostino Cavallucci nel 1610. Comunque la maggior parte delle biografie composte sui pochi dati certi concordano nel fatto che sia nata in un piccolo borgo dell'Umbria Roccaporena vicino Cascia e sembra che il suo nome derivi dal diminutivo di Margherita. Non vi è certezza sull'anno della sua nascita, anche se molti autori la fanno coincidere con il 1381. Figlia unica di Antonio Lotti e Amata Ferri. Entrambi i genitori sono descritti come persone molto religiose ed impegnati nelle vicende politiche ed economiche delle loro zone.
Le agiografie la descrivono come una ragazza mite che
assecondava i desideri dei genitori. Come era usanza del
tempo i matrimoni spesso venivano programmati già in
giovanissima età, soprattutto quando l'età dei genitori cominciava ad essere elevata. Così anche Rita all'età di
sedici anni andò sposa a Paolo Mancini, descritto come uomo dal carattere molto orgoglioso ed autoritario.
Ebbero due gemelli: Giacomo Antonio e Paolo Maria. Proprio quando l'unione matrimoniale sembrava andare
bene, fu ucciso Paolo Mancini, probabilmente per rancori passati, in piena notte mentre rincasava.
Probabilmente quando intuisce che i figli non hanno intenzioni di vendetta, si affida alla preghiera, auspicando
addirittura la loro morte piuttosto che vederli responsabili di atti di violenza. Poco tempo dopo i due ragazzi si
ammalano contemporaneamente e muoiono. Rita faticherà molto per riconciliarsi con i familiari dai quali
probabilmente venne l'omicida del marito, come ci viene descritto da molti autori della sua agiografia.
Per tre volte chiede inutilmente di entrare presso il monastero agostiniano di Cascia di Santa Maria
Maddalena. Il suo stato vedovile e forse anche le implicazioni dell'omicidio del marito potrebbero averle
ostacolato l'ingresso in monastero. Qui però si inserisce la leggenda che narra come in piena notte Rita sia stata
portata in volo entro le mura del monastero. Fatto è che dal 1417 per quaranta anni Rita visse in monastero,
dedicandosi alla preghiera, agli ammalati, ed ai poveri. E nel monastero di
Cascia morì il 22 maggio 1457.
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San Roberto
Bellarmino
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(Montepulciano di Siena,
4 ottobre 1542 - Roma, 17 Settembre 1621)
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San Roberto Francesco Romolo Bellarmino, Dottore della
Chiesa, nacque a Montepulciano in Toscana il 4 ottobre
1542.
Bellarmino, nipote di Papa Marcello II, insegnò per lungo
tempo teologia a Roma. Appassionato di scienze,
rinunciò alla suo interesse ritenendo che le risposte
fossero già tutte nella fede. Nel 1560 entrò nella
Compagnia di Gesù. Scrisse un catechismo della dottrina
cristiana che venne usato fino all'Ottocento.
Divenne cardinale nel 1598 e arcivescovo di Capua nel
1601. Nel 1605 abbandonò la sua diocesi per adempiere
alla funzione di bibliotecario del Vaticano. Si dice che in Vaticano avesse più influenza degli stessi pontefici.
Fu molte volte sul punto di essere nominato Papa: nei conclavi che elessero Papa Leone XI, Papa Paolo V e Papa Gregorio XV.
Morì a Roma il 17 settembre 1621. Nel 1923 fu beatificato e nel 1930 canonizzato
al termine di un processo molto lungo e
successivamente nominato Dottore della Chiesa nel 1931 da Papa Pio XI.
Luci ed ombre:
Fu un grande inquisitore: dal 1592 al 1600, sotto il
pontificato di Clemente VIII, istituì il processo al filosofo Giordano Bruno e ottenne la sua condanna al rogo.
Enorme peso ebbe la sua opinione anche nel processo contro Galileo Galilei, che fu costretto ad abiurare il
sistema eliocentrico copernicano (gli scritti di Niccolò Copernico furono poi messi all'Indice dei libri proibiti). Il
processo si concluse nel 1616, sotto Papa Paolo V Borghese.
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San
Roberto di Newminster
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(Gargrave, XI secolo – Newminster, 6 giugno
1159)
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San Roberto, abate di Newminster, nacque alla fine del sec. IX a Gargrave, nella contea di York. Compì gli studi nell’università di Parigi. Rientrato in Inghilterra, fu ordinato prete e divenne parroco nella chiesa di Gargrave.
Desideroso di una vita più contemplativa, lasciò la parrocchia per prendere l'abito benedettino nell’Abbazia di Whitby. In seguito, sentì parlare dei cistercensi e ottenne il permesso dell'abate di Whitby di far parte di un gruppo di monaci nell’ordine di Citeaux. Accresciutasi la comunità, nel 1138 circa, fondò la nuova Abbazia di Newminster in Northumbria, nella diocesi di Durham, e ne fu il primo abate. Newminster
prosperò e alcuni monaci furono inviati a fondare altri tre monasteri: Pipewell nel 1143, Roche nel 1147 e Sawley nel 1148.
Amò la povertà, la semplicità e la mortificazione. Fu dotato del dono della profezia. Si racconta che alcuni monaci accusarono san Roberto di intrattenere rapporti con una donna del luogo. In conseguenza di
ciò, San Roberto volle discolparsi davanti a San Bernardo e si presentò a lui a Clairvaux . Questi riconobbe la sua innocenza e i due divennero amici tanto che San Bernardo gli donò la sua cintura, al cui contatto molti malati guarirono.
Durante questo viaggio in Francia incontrò poi il papa Eugenio III, nel 1147, e fu accolto con grande onore. Nel 1159 si ammalò e morì il 6 giugno, nella vigilia della festa della Santissima Trinità, in mezzo ai suoi monaci. Sulla sua tomba avvenivano molti miracoli. Il suo nome fu iscritto nel Martirologio Romano al 7 giugno.
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San Rocco
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(Montpellier, 1295 -
Angera, 1327)
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San Rocco nato in
Montpellier nella Francia di nobili genitori, si distinse soprattutto per la sua
esimia carità verso il prossimo. Maggiormente la dimostrò, quando diffusasi
una fiera pestilenza per quasi tutta l'Italia, partì dalla sua patria per recar
conforto agli appestati. E’ incredibile quanto facesse per quegli infelici,
sino a non esitare a dare la sua vita per quella dei suoi fratelli. Innumerevoli
erano poi i prodigi, con i quali premiava Iddio la grandissima carità del suo
Servo; poiché moltissimi furono per mezzo di lui liberati dalla morte, con
niente altro che il solo segno della Croce. Ritornato in patria in incognito, fu
soggetto a molte tribolazioni, dalle quali consumato rese l'anima sua purissima
al Creatore all' età di trentadue anni. Fu San Rocco in grandissima venerazione
presso tutti i fedeli (fin dal momento della sua preziosa morte). Ma crebbe
ancora più il suo culto nel tempo del Concilio di Costanza, quando con
approvazione universale di tutti i Vescovi che erano ivi raccolti, fu portata
solennemente in processione la sua statua per allontanare una orribile
pestilenza che si era destata in quella città. Da quei tempo San Rocco è stato
sempre venerato come speciale Patrono presso Dio contro il morbo della
pestilenza.
(Dalla sua vita).
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Santa Rosa da Lima
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(Lima, 1586 - 1617)
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Santa Rosa nacque in Lima città dei Perù nell'America Meridionale.
Fin dalla sua scelse per modello della sua vita quella di S. Caterina da
Siena, che seppe molto bene imitare. Aveva già scelto Cristo per suo Sposo,
ed a Lui aveva dedicata la sua verginità; né le vessazioni, né le violenze
usate dai suoi genitori per indurla a prendere marito poterono in nessun modo
rimuoverla dal suo proposito; che anzi abbandonando tutto si rifugiò in un
luogo sicuro dai pericoli e dalle tentazioni dei secolo, e prese l'abito dei
terz'ordine di S. Domenico. In questo nuovo stato si accrebbe in lei il
fervore della carità, e vi fece sempre maggiori progressi fino alla fine dei
suoi giorni. Intenta continuamente a
mortificare le sue passioni con austerità e penitenze, e a sottomettere la
carne allo spirito. Nonostante tutte queste precauzioni , permise Iddio per
provare la sua Serva, che fosse tormentata da terribili tentazioni, della
quali uscì vittoriosa mediante l'assistenza dei suo Signore, e la valida
protezione della SS. Vergine; ed essendo matura per il cielo, ricolma di
meriti terminò felicemente la sua carriera terrena.
(Dai Bollandisti).
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Santa Rosa di Viterbo
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(Viterbo, 1234 - 1251)
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Santa Rosa nacque in Viterbo
di poveri, ma pii genitori; i quali fin dall'infanzia le istillarono sentimenti
di cristiana pietà. Prevenne il Signore questa fanciulla con abbondanti grazie
e doni celesti, talmente che nell'età puerile comparve un esemplare delle più
singolari virtù. Fu ella favorita dalla SS. Vergine di una visione, in cui
trovandosi inferma recuperò in un istante la sanità, e ricevette ordine di
vestir l'abito del terz'Ordine di S. Francesco. Animata da uno spirito
superiore, benché fosse in età tenera, esortava i suoi concittadini a
conservarsi fedeli al Romano Pontefice. Quindi si conquistò l'odio dei seguaci
dell'Imperatore, e insieme con tutta la sua famiglia fu cacciata in esilio.
Richiamata dopo qualche tempo alla patria, fece istanza di esser ammessa nel
Monastero di S. Maria detto allora delle Rose di Viterbo. Ma avendo qualche
monaca rifiutato di riceverla, per la sua povertà, ella predisse che
l'avrebbero ricevuta morta; come di fatto avvenne, dopo che piacque al Signore
di chiamare alle celesti nozze questa sua fedele sposa in età di 18 anni,
resa celebre da Dio col dono di molti miracoli.
(Dai
Bollandisti).
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Santa
Rosalia |
(Palermo
XII sec. - 4 settembre 1160)
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Santa Rosalia o Rosalia Sinibaldi (1130-1156), secondo la tradizione, appartenne alla nobile famiglia dei Sinibaldi e fu vergine palermitana del XII secolo, figlia di Sinibaldo, signore di Quisquina e di Rose in provincia d'Agrigento, allora Girgenti. Visse alla corte di re Ruggero prima di ritirarsi come Eremita in una grotta sul monte Pellegrino, dove morì. Nel 1624 salvò la città dalla peste e ne divenne la patrona, spodestando santa Cristina, santa Oliva, santa Ninfa e sant'Agata. Secondo la leggenda apparve infatti in sogno ad un cacciatore indicandogli dove avrebbe potuto trovare i suoi resti, che portati in processione in città fermarono l'epidemia. Il culto della santa è tuttavia attestato da documenti a partire dal 1196 ed era diffuso già nel XIII secolo.
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Servo
di Dio Salvo D'Acquisto
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(Napoli, 17 ottobre 1920 - Torre di
Palidoro, 23 settembre 1943)
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Salvo D'Acquisto fu un sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri, insignito di Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria per causa di particolare eroismo.
Arruolatosi giovanissimo nei Carabinieri come volontario, nel 1939, partì nuovamente volontario l'anno successivo per la Libia, a pochi mesi dall'inizio della seconda guerra mondiale; dopo essere rimasto ferito ad una gamba, restò con il suo reparto in zona d'operazioni
finché non contrasse una febbre malarica e rientrò poi in Italia nel 1942 per frequentare la scuola sottufficiali. Uscitone col grado di vice-brigadiere, fu destinato alla stazione di Torre in Pietra, un piccolo centro rurale sulla via Aurelia, a qualche decina di chilometri da Roma.
Dopo l'8 settembre 1943, un reparto di truppe tedesche delle SS si era accasermato presso alcune vecchie postazioni precedentemente in uso alla Guardia di Finanza, nelle vicinanze della località Torre di Palidoro, che rientrava nella giurisdizione territoriale della stazione di Torrimpietra. Qui il 22 settembre alcuni soldati tedeschi che ispezionavano casse di munizioni (forse abbandonate dai finanzieri) furono investiti dall'esplosione di una bomba a mano, probabilmente (le testimonianze sono solo, non attendibilmente, di fonte tedesca) per imperizia nel maneggio degli ordigni. Uno dei soldati morì ed altri rimasero feriti.
Il comandante del reparto tedesco attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione della stazione dei Carabinieri, temporaneamente comandata da D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante. D'Acquisto, assunte alcune informazioni, vanamente provò a ribattere che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, un incidente privo di autori, ma i tedeschi insistettero sulla loro versione e richiesero la rappresaglia, ai sensi di un'ordinanza emanata dal maresciallo Kesselring pochi giorni prima.
Furono dunque eseguiti dei rastrellamenti e furono catturate 22 persone scelte a caso fra i contadini della zona. Lo stesso D'Acquisto fu forzosamente prelevato dalla stazione, da parte di una squadra armata di tedeschi, e fu condotto alla Torre di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario "interrogatorio", nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono ovviamente innocenti.
Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere perché l'esplosione era stata accidentale, gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti; il sottufficiale fu fatto segno di ingiurie e di dileggio da parte dei tedeschi, che giunsero ad insultarlo e malmenarlo, strappandogli anche lembi dell'uniforme. Subito dopo, gli ostaggi furono muniti di vanghe e costretti a scavare una grande fossa comune per la ormai prossima loro fucilazione.
Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore; quando furono concluse fu chiaro che i tedeschi avrebbero davvero messo in atto la loro terribile minaccia.
D'Acquisto si autoaccusò allora del presunto attentato, dichiarò che sua era la sola responsabilità dell'accaduto e che gli ostaggi erano innocenti, e ne chiese l'immediata liberazione. I 22 prigionieri immediatamente si diedero alla fuga, lasciando il sottufficiale, già dentro la fossa, dinanzi al plotone d'esecuzione.
Salvo D'Acquisto fu fucilato, all'età di 23 anni. Le sue spoglie sono conservate nella prima cappella sulla sinistra, adiacente all'ingresso, della chiesa di Santa Chiara di Napoli.
Nel 1983 fu aperta presso l' Ordinariato militare una causa di canonizzazione del sottufficiale.
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San Samuele
Profeta
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(Rama,
Palestina, 1070 a.C. - 950 a.C. ca.)
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Samuele (in
lingua ebraica: שְׁמוּאֵל, ebraico
tradizionale: Šəmuʼel;
ebraico tiberiense: Šəmûʼēl) è
ricordato dalla
Bibbia ebraica e dell'Antico
Testamento cristiano. Samuele è l'esempio del
vero credente, predestinato per essere al servizio di Dio, è colui che
aspetta che il Signore gli parli per poterlo servire secondo la Sua
volontà. La sua storia è raccontata nel primo dei
libri di Samuele, che vengono tradizionalmente
a lui attribuiti. Nella
Bibbia
viene presentato sia come
profeta
e sia come "giudice"
in senso biblico. Il nome Samuele significa: "il suo nome è Dio", o "il
nome di Dio", ma in aramaico Smenù-El significa "il Signore ha
ascoltato".
Samuele apparteneva alla tribù di
Efraim. Nel primo dei
libri di Samuele si racconta che sua madre,
Anna, era sterile e per questo veniva derisa e disprezzata dalla prima
moglie di Elkanah, Peninnah, che aveva già dato ad Elkanah due figli.
Anna si recò allora presso il santuario di
Silo per pregare il Signore. Ottenne così
miracolosamente di rimanere incinta di un figlio, che chiamò Samuele e
che consacrò al Signore, con voto di
nazireato, lasciandolo vivere presso l'anziano
sacerdote
Eli nel
Tabernacolo (ebr
Mishkan: cfr
Pentateuco e
Shekhinah) di Silo (cfr. 1 Samuele
1-2). Ancora giovanissimo, Samuele ricevette
la vocazione a diventare giudice e profeta in mezzo al popolo ebraico
(cfr. 1 Samuele
3).In seguito stabilì come giudici d'Israele i
due figli (Abia
e il fratello minore di
Gioele), che esercitarono l'incarico a
Bersabea. A seguito delle forti pressioni
ricevute dal popolo ebraico, fu lui a scegliere il primo re d'Israele (Saul)
ed il suo successore (Davide).
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Serva di Dio Santina
Campana
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(Alfedena,
2 febbraio 1929 - Pescina, 4 ottobre 1950)
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Santina Campana nacque ad Alfedena (L'Aquila) il 2 febbraio 1929. Fin da piccola imparò ad amare Gesù sopra ogni cosa e a 7 anni si offrì "vittima" per la vocazione religiosa della sorelle e sacerdotale dei fratelli. Disse:
"Dove c'è una vocazione, non può mancare una vittima". Rinnovò la sua offerta di "vittima" fino alla morte. A 14 anni, a causa della seconda guerra mondiale, fu sfollata per le montagne nevose dell'Abruzzo e del Molise. Per mesi soffrì , con ammirevole pazienza , la fame , il gelo , l'umidità , insieme alle atrocità dei bombardamenti e delle aggressioni di vario genere fino all'incredibile . Si ammalò gravemente di pleurite tanto che sembrava morta e poco mancò che fosse sepolta viva .
Irradiando la luce celeste incoraggiava tutti ripetendo: "Coraggio, sarà quello che il Signore vorrà, se Egli non permetterà, nessuno ci potrà fare del
male".
Offriva la sua vita per il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti e le Missioni. A 16 anni andò novizia tra le Suore di Carità edificando Maestre e Consorelle con lo spirito di sacrificio e di fede :"Voglio farmi santa, e grande santa", ripeteva.
A 17 anni, il 25 marzo 1947 ebbe la prima emottisi polmonare e fu rimandata in Abruzzo nel Sanatorio
Villa Rinaldi. Nel lasciare il Noviziato , baciò le mura e disse: "Comincio la mia salita al Calvario".
Dal letto di dolore, che lei chiamava "il mio trono bianco" attirava le anime afflitte e le consolava col suo perenne sorriso:
"Coraggio il soffrire passa, l'aver sofferto rimane" , ripeteva spesso .
Nonostante la malattia la costringesse a letto per anni interi , organizzò una fiorente Azione Cattolica e ne fu Presidente di rare virtù ed energia infondendo la gioia . Fu Zelatrice Missionaria infaticabile e , iscritta all'Unione Cattolica Malati , consolò molti con i suoi messaggi pieni di fede , speranza , entusiasmo ed amore divino .
Il suo testamento fu : "AMATEVI ! L'AMORE CI RIUNIRA' IN DIO".
Ricca di meriti e di virtù eroiche morì a 21 anni, il 4 ottobre 1950.
Fedele alla sua promessa: "Vi scriverò dal Paradiso", iniziò subito la sua pioggia di grazie e di miracoli che va spargendo sulla terra in misura sempre più abbondante.
I Processi Canonici portarono all'Introduzione della Causa di Canonizzazione approvata il 1° giugno 1979, dal Santo Padre Giovanni Paolo II.
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San
Saturnino di Tolosa
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(III
sec.)
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S. Saturnino si riguarda come uno dei Martiri più illustri della Chiesa Francese. Fu egli inviato nelle Gallie con S. Dionisio, e gli altri Apostoli di questo regno, e fissò la sua sede nella città di Tolosa. Aveva esso convertito un certo numero di gentili, i quali radunava in una piccola Chiesa, e quivi esercitava le funzioni del suo sacro ministero. Per andare dalla casa a questa Chiesa doveva passare avanti ad un Tempio principale degli idoli, chiamato Campidoglio. Or avvenne, che i demoni spaventati dalla sua presenza, si ammutolirono, e cessarono di rendere i loro fallaci oracoli. Irritati perciò gl'idolatri, un giorno che di colà passava, lo presero, e lo strascinarono al Campidoglio, pretendendo di forzarlo a sacrificare ai loro Dei; ma il Santo detestando le loro divinità, come demoni, si protestò altamente di non riconoscere se non un solo e vero Dio. Gli misero perciò le mani addosso, lo percossero fieramente, e Io legarono con una corda pei piedi ad un toro indomito, il quale precipitatosi dalla sommità del Campidoglio trascinò dietro di
sé il Santo, che in tal maniera rese a Dio la beata anima sua. (Dal Ruinart).
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Santa
Savina
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(Lodivecchio,
260 - ? )
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L'Imperatore Diocleziano da Nicomedia ed il suo collega Massimiano da Milano intensificarono le persecuzioni dei cristiani. Fra i molti perseguitati vi furono due nobili cavalieri, Nabore e Felice, decapitati entrambi alle porte di Laus Pompeia (Lodivecchio). Una matrona lodigiana, Savina, nata a Lodivecchio nel 260, amica dei due martiri, raccolse i loro corpi e li seppellì di nascosto, continuando ad onorarli per 18 anni.
A Milano c'era il vescovo Materno, che aveva iniziato a dare una santa sepoltura a diversi martiri. Savina venutane a conoscenza e confermatane da una visione divina, decise di trasportare a Milano i due corpi per rendere pubblica la loro eroica virtù. Per nascondere i due martiri ed impedirne il sacrilegio da parte di dazieri o militi, li mise in una botte e travestitasi da popolana si avviò verso Milano.
Correva l'anno 310 e durante il percorso, fu fermata da un drappello di soldati e, alla loro domanda di cosa contenesse la botte, rispose che conteneva miele: i soldati ne verificarono il contenuto e, miracolo, dalla botte uscì veramente del biondo miele profumato.
Savina non seppe tacere, di fronte al prodigio, e invitò i militi a verificare di nuovo, a questo punto il vero contenuto apparve agli occhi stupefatti dei dazieri i quali non poterono che convertirsi alla vera fede e scortare Savina verso Milano. Alla
sua morte, avvenuta tra il 311 e il 317, Savina su sepolta accanto ai
due martiri che tanto aveva venerato.
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Santa
Scolastica
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(Norcia, 480 circa -
Cassino, 547)
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Santa Scolastica sorella del
gran Patriarca dei monaci d'Occidente San Benedetto, nacque a Norcia verso la
fine dei V secolo. Ella si mostrò degna sorella di un così gran Santo non solo
per i vincoli del Sangue, ma molto più per il disprezzo del mondo e delle
speranze mondane. Si ritirò in un eremo
poco distante da Monte Cassino, ove dimorava S. Benedetto con i suoi Monaci; ed
lì si applicò alla Santificazione di sé stessa, e di quelle Sante vergini che
con lei si erano ritirate, per mezzo dell'esercizio delle virtù cristiane,
vivendo nel Santo timore di Dio, bramosa di rendersi a Lui in tutto gradita ed
accettata. Quantunque abitasse così prossima al suo Santo fratello; tuttavia,
non più che una volta l'anno si vedevano in un luogo poco distante
dall'abitazione di Santa Scolastica. Là i due Santi si trattenevano non in
discorsi inutili, o in parlar di novità del mondo, ma si occupavano nell'unico
negozio dell'eterna loro salute, a cui aspiravano ardentemente, incitandosi
scambievolmente alla perfezione. Infine Santa Scolastica dopo aver servito il
suo Dio in questa terra, premurosa di non offenderlo, l'andò a godere per
sempre in Paradiso. (Dai
Dialoghi di San Gregorio Magno).
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San Sebastiano
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(III secolo)
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S. Sebastiano nacque di
padre narbonese e di madre milanese. Essendo Tribuno della guardia
dell'Imperatore Diocleziano, adorava Cristo, benché occultamente, per potere
con più libertà aiutare gli altri cristiani, in quei tempi fieramente
perseguitati. Animò con sodissime ragioni, e con la memoria delle gioie
eterne i Santi Marco e Marcellino fratelli, allora prigionieri per la fede ,
ed in pericolo di abbandonarla, commossi dalle lacrime delle proprie mogli, e
dei figli piccoli. Convertì anche alla fede molti; e per mezzo del Santo Battesimo
li vide rigenerati alla grazia. Volendo Dio coronare il suo servo, permise che
i Gentili si accorgessero che Sebastiano professava fede in Gesù Cristo.
Avvisatone Diocleziano, questi comandò, che fosse giustiziato dagli arcieri:
ma egli risanato di quelle ferite, di nuovo si presentò al Tiranno e lo
riprese delle sue scelleratezze; per cui l’Imperatore infuriato, comandò
che a forza di battiture gli fosse tolta la vita. Così il Santo fu fatto
degno di morir martire per amore di Cristo.
(Dai Bollandisti).
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San
Serafino di
Sarov
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(Kursk,
1759 - Sarov, 2 gennaio 1833)
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Prohor Moshnin nacque a Kursk nel 1759 da una famiglia di mercanti. All'età di 10 anni si ammalò gravemente; durante la malattia ebbe una visione durante la quale la Madre di Dio gli promise la guarigione, e infatti fu guarito nel giro di poco tempo.
All'età di 18 anni Prohor decise di diventare monaco. Sua madre lo benedisse e Prohor entrò come novizio nel monastero di Sarov. Fin suo ingresso in monastero, Serafino si distinse per il proprio comportamento ascetico. Consumava un unico pasto al giorno e digiunava completamente ogni mercoledì e venerdì. Serafino si ritirava di frequente nella foresta in preghiera, ma si ammalò nuovamente, e fu costretto a giacere nel proprio letto per un periodo di tre lunghi anni, ma fu nuovamente guarito dalla Vergine, che gli apparve circondata da santi. Riferendosi a Serafino, la Madre di Dio disse a San Giovanni Teologo: "Egli è uno di noi".
Poi lo guarì istantaneamente, toccandolo col proprio bastone.
Quando nel 1786, a 27 anni d'età prese l'abito monastico, ricevette il nome di Serafino, che in ebraico significa "fiero" o "ardente". Poco tempo dopo venne ordinato ierodiacono. Serafino trascorreva quasi tutto il suo tempo in chiesa, ad eccezione di brevi periodi di riposo. L'incessante preghiera e l'ascesi vennero ricompensati con visioni di creature angeliche.
Nel 1793 Serafino fu ordinato ieromonaco; in seguito iniziò a ritirarsi nella fitta foresta lontana circa 5 chilometri dal Monastero di Sarov. Qui si perfezionò, purificandosi nell'ascesi.
La vita isolata in un angolo remoto della foresta esponeva Serafino al rischio di essere attaccato da animali selvatici o da briganti. Un giorno, mentre lo Starets raccoglieva della legna, un gruppo di briganti lo assalì. Nonostante Serafino fosse di costituzione robusta ed armato d'ascia, non cercò di difendersi. Lo colpirono ferocemente, smettendo solo quando lo credettero morto.
Quando, dopo qualche tempo, i malfattori furono processati, Serafino invocò per loro clemenza. Le percosse e le ferite lasciarono un segno permanente sul suo corpo: rimase invalido e claudicante per il resto della vita.
La vita di San Serafino fu poi caratterizzata da un periodo di profonda ascesi, con giorni interi trascorsi in ginocchio in preghiera su una roccia, e da notti all'aperto nel folto del bosco.
Fu un'apparizione della Madre di Dio, avvenuta verso il termine dell'esistenza terrena di Serafino, a convincerlo a dedicarsi alla cura spirituale dei fedeli. Migliaia di persone di ogni estrazione e condizione si recavano da Serafino, che arricchì l'esistenza e l'anima di innumerevoli persone attraverso i suoi tesori spirituali, frutti di una vita di preghiera e ascesi. A molti consigliava: "cerca di avere uno spirito pacifico, e migliaia intorno a te si salveranno!", e "l'allegria non è un peccato, perché scaccia il tedio, e questo genera depressione, e non c'è nulla peggio di questa".
Non era necessario che chi lo visitava gli raccontasse la propria vita, perché Serafino aveva il dono di vedere dentro l'animo di ciascuno. "Se solo tu sapessi - disse un giorno ad un monaco - a quale gioia e dolcezza è destinata un'anima in cielo, riusciresti a sopportare ogni tristezza, persecuzione e scherno con gratitudine".
(Sintesi da http://www.ortodossia-russa.net)
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Santi Sergio e Bacco
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(
?, - Siria, 303)
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I Santi Sergio e Bacco
Ufficiali dell' esercito Imperiale sotto il comando di Galerio Massimiano,
invitati ad intervenire ad un profano sacrificio, ed a mangiare delle carni
sacrificate agli idoli, costantemente ricusarono di consentire ad una tale
empietà , eleggendo piuttosto di soffrire qualunque strazio ed anche la
morte, anziché piegare le ginocchia ad una falsa divinità. Irritato per
una così generosa resistenza Massimiano, ordinò che fossero spogliati
dalle insegne militari; e ricoperti d'una veste femminile con una catena al
collo fossero condotti in giro per tutto l'esercito, al fine di svergognarli,
ed esporli alla derisione dei soldati. Soffrirono gli illustri Campioni di
buon animo, e con lieto volto per amore di Cristo le contumelie e le
derisioni; ed avendo veduto il tiranno che nulla con questo mezzo aveva potuto ottenere,
comandò che si passasse ai tormenti. Fu perciò S. Bacco
steso su punte acuminate e crudelmente battuto con nervi di bue, consumando in
tal maniera il sacrificio della sua vita in onore del Signore; ed essendo
stato risparmiato S. Sergio per il giorno seguente, dopo vari strazi ricevé anch'egli mediante il taglio della testa la corona del martirio.
(Dal Tillemont).
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San
Sergio I Papa |
(Palermo,
? - Roma, 8 settembre 701)
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Sergio I fu Papa dal 687 alla sua morte, avvenuta l'8 settembre 701. Proveniente da una famiglia Antioco-Siriana che si era stabilita a Palermo, deve la sua elezione a successore di Papa Conone ai suoi abili intrighi contro Pasquale e Teodoro, gli altri candidati. Venne consacrato il 15 dicembre 687.
Il 10 aprile 689, battezzò a Roma re Caedwalla del Wessex. Per aver rigettato alcuni canoni del Concilio di Trullo del 692, Giustiniano II ne ordinò l'arresto e il trasporto a Costantinopoli, ma la milizia di Ravenna e della Pentapoli costrinsero il protospatario imperiale a rinunciare al tentativo di eseguirne gli ordini. Sergio ordinò San Villibrordo come vescovo dei Frisoni, e il Liber Pontificalis sostiene che ordinò anche Bertvaldo come Arcivescovo di Canterbury.
Pagina storica del pontificato di
Sergio I è la pace religiosa da lui riportata nel patriarcato di
Aquileia (Veneto, Istria e terre d’Oltralpe) spaccato per 140 anni da
contrasti, anche politici, a proposito della persona e delle nature del
Cristo.
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San Silvestro
Abate |
(Osimo,
1177 circa -
Montefano il 26 novembre 1267)
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San Silvestro nacque in
Osimo dalla nobile famiglia dei Guzzolini, da Gislerio, giureconsulto, e da
Bianca Ghisleri di Jesi. A circa vent'anni fu inviato dal padre in Bologna,
perché studiasse giurisprudenza. Ma il Signore , che aveva formato altri
disegni sopra questo beato giovane, gli ispirò un grande amore per gli
studi sacri, e specialmente per la Divina Scrittura, in cui trovava un dolce
pascolo per l'anima sua. Passò allora all’Università di Padova per lo studio
della teologia: non seguiva i vizi dell’età giovanile e non si lasciava
andare a discorsi vani, pericolosi o disonesti. Nel 1208 ritornò ad Osimo
con la Laurea in Teologia piuttosto che in Diritto: il padre montò su tutte
le furie e non gli perdonò la scelta arbitraria; l’ira del genitore non si
placava e gli rifiutava lo sguardo e la parola sperando di vederlo
"rinsavire". Resisté Silvestro per diversi anni, e di questo suo stato venne
informato il Vescovo di Osimo, che nel 1217 lo ordinò Sacerdote
conferendogli il beneficio canonico della Cattedrale. Fu nei primi anni del
suo sacerdozio, che forte degli studi fatti a Bologna, difese virilmente i
diritti della sua Cattedrale, lesi dai signorotti locali. Intervenuto una mattina alle esequie d' un gentiluomo
defunto, si trovò anche presente allorché fu aperta la sepoltura, in cui
doveva sotterrarsi il cadavere di quel gentiluomo; e veduto il corpo d'un
suo parente, morto alcuni giorni prima, irriconoscibile ed imputridito, disse
fra sé: Io sono adesso quello che egli
fu, e fra poco sarò quello egli è. Disingannato perciò della fallacia ed
instabilità delle cose umane, abbandonò il mondo, e se n'andò in solitudine
tutto intento a macerare il suo corpo con asprissime penitenze; e radunati
dei discepoli fondò la Congregazione dei Monaci, dal suo nome detta
Silvestrina.
Nel 1231 fondò il Monastero di
Montefano conglobante Fonte Vebrici che sorgeva in un avvallamento del
monte.
Nel corso di questa costruzione avvennero i miracoli della trave allungata e
del masso inamovibile reso leggero e trasportabile. Silvestro era chiamato
spessissimo dai canonici di San Venanzo (Fabriano) a proporre al popolo la
Parola di Dio. Era egregio predicatore e dottore. Il 26 Novembre
1267 si chiuse l’operosa esistenza di San Silvestro, dotato di spirito
profetico ed operatore di prodigi, pronto ormai per la Patria Beata. Si
contano ben 17 miracoli operati durante la sua vita e 10 dopo la sua morte.
Fu adorno di un singolarissimo privilegio, unico nell’agiografia cristiana:
la Comunione ricevuta per le mani Venerande della Vergine Santissima.
(Da Andrea Giacobi e da
http://www.sanvincenzo.silvestrini.org/comunita/silvestro.htm).
Ringraziamo
vivamente Don Angelo Maria Casertano, OSBSil., per la cortese
collaborazione.
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San
Silvestro Papa |
(
Roma, fine III sec. - 31 Dicembre 335)
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S. Silvestro Romano fu fin da giovinetto ammesso nel Clero della Chiesa di Roma, e dopo esser passato per tutti gli Ordini inferiori, fu dal Pontefice S.
Marcellino sollevato all'onore del Sacerdozio. Nella fiera persecuzione degl'Imperatori
Diocleziano e Massimiano mostrò il suo coraggio e la costanza della sua fede; e le virtù che risplendevano nella sua persona gli meritarono dopo la morte del Papa S. Melchiade di essere innalzato alla dignità Pontificia. Ebbe la consolazione di vedere, durante il suo lungo Pontificato, abbattuta l'idolatria, cessata affatto la persecuzione, e trionfante la Religione di Gesù Cristo in tutto l'Impero Romano , mediante l'opera e lo zelo del gran Costantino, che abbracciò la medesima Cristiana Religione. Ma questa consolazione venne non poco amareggiata dalla perversa eresia di Ario, che fu poscia condannata nel gran Concilio Niceno. Si applicò quindi il S. Pontefice a dare quei
provvedimenti ch'erano più opportuni per il buon regolamento delle Chiese; e carico di anni e pieno di meriti passò alla gloria immortale del Cielo, nell'anno 335 ai 31 di Dicembre, dopo 21
anni, e 11 mesi di Pontificato, (Dal Tillemont).
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San
Simeone |
(I
sec. a.C. - I sec. d.C)
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Secondo
i Vangeli, Simeone aveva chiesto a Dio che gli concedesse di non morire
senza aver prima visto il Messia. Ma ecco il racconto come lo si legge
nel Vangelo secondo Luca: Quando furono passati gli otto giorni
prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato
chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè,
portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come
è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà
sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di
tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato
di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era
sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte
senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo
Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino
Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
"Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la
tua parola; perché i
miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i
popoli, luce per
illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele".
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di
lui. perché i
miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i
popoli, luce per
illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele".
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di
lui. Simeone
li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la
rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione
perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada
trafiggerà l'anima". Va ricordato che, secondo i Vangeli
apocrifi, Simeone era anche Sacerdote nel tempio, come sembrerebbe
confermare il passo successivo dello stesso Vangelo di Luca: C'era anche
una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era
molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in
cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni.
Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno
con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei
a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di
Gerusalemme.
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San
Simeone Vescovo |
( ?, - Gerusalemme, 107)
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San Simeone Giudeo, parente della Beatissima Vergine, visse con tanta perfezione ed esemplarità nella nascente Chiesa, che dopo il martirio di S. Giacomo il Minore meritò di essere dagli Apostoli allora viventi eletto Vescovo di Gerusalemme. Governò egli santamente il suo gregge, da cui non lo separò neppure la rovina di Gerusalemme. Visse fino al tempo nel quale Traiano regnava ed essendo vecchio di centoventi anni fu accusato come Cristiano e discendente di Davide: per cui, fatto prigioniero e invitato all'adorazione degli idoli, si burlò dei piacevoli inviti, con i quali lo tentava Attico, luogotenente dell'Imperatore, affinché rinunziasse al culto del vero Signore: onde vedendo quell'empio riuscir vano ogni sforzo di lusinghe e di minacce, comandò che il santo Vecchio fosse crudelmente flagellato, e con altre più atroci pene tormentato. Rimasero attoniti anche i gentili medesimi, non sapendo capire, come un corpo così consumato dall'età potesse soffrire con tanta intrepidezza tali tormenti. Finalmente, posto in croce ebbe la grazia di conformarsi, morendo, al suo Gesù, che sempre aveva imitato vivendo.
(Dal Tillemont).
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Santi
Simone e Giuda Taddeo |
(I
sec.)
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S. Simone per soprannome chiamato Cananeo, fu da Gesù Cristo eletto ed annoverato tra i suoi dodici Apostoli. Nulla sappiamo delle sue particolari azioni; ma non v'è luogo a dubitare, ch'egli ancora annunziasse il Vangelo alle nazioni infedeli, e molto soffrisse per amore di Gesù Cristo, confermando finalmente col
sacrificio della sua vita quella dottrina, che aveva predicata.
L'Apostolo S. Giuda, che si chiamava anche Taddeo, era parente di Gesù Cristo secondo la carne, e perciò chiamato nel Vangelo suo fratello. Seguì egli cogli altri Apostoli il Redentore in tutti i viaggi, e fu presente ai suoi discorsi, e ai miracoli che operò per la salute del genere umano. Abbiamo una sua lettera chiamata cattolica, cioè universale; poiché è indirizzata a tutti i fedeli, e contiene utilissimi documenti, tanto più
pregevoli, quanto che dettati dal divino Spirito, di cui il S. Apostolo era ripieno. Si crede che S. Giuda, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo andasse a portare la luce del Vangelo nella Libia, e in altri paesi dell'Oriente; e dopo molti patimenti sofferti per Gesù Cristo, riunitosi
con l'Apostolo Simone nella
Persia, ivi nello stesso giorno conseguissero ambedue la corona d'un glorioso martino.
(Dal Tillemont).
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San
Sisto II Papa |
( ?
- Roma, 6 agosto 258)
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Sisto II fu papa dal 257 al 258, succedendo a Stefano I come vescovo di Roma.
Sisto II ripristinò le relazioni con la chiesa africana ed orientale,
che erano state interrotte dal suo predecessore su questioni legate al battesimo degli eretici.
Morì il 6 agosto 258 come martire, durante le persecuzioni di Valeriano
I, che aveva vietato il culto pubblico ai Cristiani, concedendo loro
solo quello privato. Richiesta inaccettabile, per l'opera evangelizzatrice
della Chiesa, ma anche perché, contemporaneamente, si richiedeva ai
Cristiani di sacrificare pubblicamente agli dei. Sisto II, sorpreso a
predicare in pubblico, non oppose resistenza all'arresto e, insieme ai
quattro diaconi che lo accompagnavano, si diresse serenamente al luogo
del supplizio.
Si ritiene che sia l'autore dello scritto pseudo-Ciprianico Ad Novatianum, anche se questa visione non ha trovato un'accettazione generale. Un'altra composizione scritta a Roma, 253-258, gli viene generalmente attribuita.
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San
Spiridione |
(Trimisonda,
270 - Cipro, 344)
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San Spiridione nacque a Trimisonda
di Cipro nel 270. Essendo
di famiglia povera, non ebbe la possibilità di studiare e fece il
pastore. Nella sua gioventù prese moglie, ed ebbe una figliuola chiamata Irene.
Alla morte dell’amata moglie, dedicò la propria vita alla Chiesa e
venne consacrato vescovo della sua città e regolò il suo popolo con tutto lo zelo d'un buon Pastore, senza abbandonare la sua prima occupazione di custode degli armenti. Nell'anno 325
assisté cogli altri Vescovi al gran Concilio Niceno, e vi fece una luminosa comparsa, attribuendosi ad
lui la meravigliosa conversione d'un Filosofo pagano. Ardeva d'un ammirabile zelo per tutte le cose che riguardavano la Religione; e in un pubblico Concilio che si tenne in Cipro non ebbe difficoltà di riprendere un Vescovo assai dotto ed
eloquente, il quale nel citare un testo del Vangelo cambiò una parola per
adoperarne un'altra più elegante. Difese nel Concilio Sardicense cogli altri Prelati Cattolici l'innocenza di S
Atanasio, ingiustamente perseguitalo e calunniato dagli eretici Ariani.
Durante le persecuzioni musulmane fu catturato ed esiliato. Passò la
propria vita a Cipro facendo miracoli, e a circa la metà del quarto secolo si crede che placidamente riposasse nel Signore.
Quando i Saraceni si impossessarono dell’isola e i ciprioti aprirono
la sua tomba per trasportarne le reliquie a Costantinopoli, trovarono il
corpo intatto mentre la tomba odorava di basilico. (Dal
Tillemont).
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San Stanislao Kostka
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(Rostokowo, 1550 -
Roma, 1568)
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San Stanislao Kostka nato
d'illustri genitori della Polonia, ebbe dalla più tenera età grandissimo
amore verso Dio. Nutrì ancora una tenera e speciale devozione alla SS.
Vergine, che egli soleva chiamare sua cara Madre, ed a Lei dedicò la
sua purezza, che conservò illibata in tutta la vita. Andato a Vienna per
causa dei suoi studi ed obbligato a dimorare in casa di un eretico Luterano,
molto ebbe a soffrire da un suo fratello di nome Paolo, che voleva indurlo a
vivere secondo il mondo. il santo giovane però si difese dagli assalti del
fratello con l’orazione e con la penitenza. Ridottosi per i rigori di questa
all'estremo della vita, e non avendo chi gli recasse il SS. Viatico, meritò
di ricevere per mano degli Angeli il Corpo del Signore. Non appena si riebbe
dalla sofferta infermità, cercò di consacrarsi interamente a Dio con vestire
l' abito religioso nella compagnia di Gesù; e prevedendo le furibonde ire del
Fratello, cominciò in incognito il viaggio fino a Roma, camminando sempre a
piedi. Ricevuto nella Compagnia da San Francesco Borgia, che ne era allora il
Generale, non è a dire quanto si avanzasse in ogni genere di virtù.
Consumato finalmente dalla fiamma dell'amore di Dio, rese l'anima sua
purissima al Creatore nella fresca età di anni diciotto. (Dal Breviario
Romano).
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Beata
Stefana |
(Pozinori,
1457 - Soncino, 2 gennaio 1530)
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L'anno1457- nel territorio Bresciano chiamato
Pozinori nacque da Parenti pii, ed onesti la B. Stefana Quinzani: fin dalla sua infanzia diede i più chiari indizi della futura sua santità. D'anni sette nel giorno dell'Assunzione di Maria Vergine fece volo di perpetua Verginità in premio de! qua! voto gli apparve Gesù Cristo, che la sposò mettendole in dito un prezioso anello. Ricusò un matrimonio propostole, e si tagliò i capelli indicando cosi quanto disprezzava le secolari vanità. Di quindici anni abbracciò il terz'ordine di S. Domenico di cui fin da fanciulla era stata devotissima. Si diede alla vita la più austera. Continuo fu il suo digiuno. Per lo spazio di quaranta giorni non si cibò che del solo pane Eucaristico. Si strinse i lombi di sì aspro e forte cilizio , che dovendo levarglielo bisognò stracciare in più luoghi le carni. Per trent'anni continui si percosse ogni giorno il petto con un sasso, ed ogni notte ad imitazione del S. Patriarca si disciplinava tre volle a sangue. Venne una volta tentala da oscene illusioni, si vinse avvoltolando fra le più pungenti spine l'innocente suo corpo, dopo di che fu cinta da mano invisibile col cingolo della milizia angelica , né mai più ebbe a soffrire tali tentazioni. Il tempo più suo diletto era il meditar la Passione del Signore Gesù. E forse per questo ricevette le stigmate, dono e tormento offerto a pochi Santi. Anche a lei fu miracolosamente cambiato il cuore, come era già avvenuto a Santa Caterina. Morì il 2 gennaio 1530 a Soncino (Cr) nel suo monastero.
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Santo
Stefano Papa |
(Roma,
? - 257)
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Romano di nascita ma con origini greche, divenne vescovo di Roma nel 254, quando le dispute interne che laceravano la chiesa erano una minaccia maggiore delle persecuzioni
esterne, succedendo a Papa Lucio I.
Ritirò l'associazione della chiesa con Cipriano e certi vescovi delle province romane dell'Asia per via delle loro visioni sulla necessità di ribattezzare gli eretici allo scopo di riammetterli alla comunione.
Viene inoltre menzionato per aver insistito sulla reinstaurazione del vescovo di León e Astorga, che era stato deposto per infedeltà durante le persecuzioni ma che successivamente si pentì.
Il suo pontificato terminò l'anno 257, e il suo successore fu Sisto II.
Santo Stefano I papa viene commemorato il 2 agosto.
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Santo Stefano
protomartire
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(I secolo)
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Santo Stefano era di nazione
Giudeo, e si crede che per la predicazione di S. Pietro fosse convertito
alla fede di Gesù Cristo. Fu il primo dei sette Diaconi ordinati dagli
Apostoli, e scelti per distribuire le elemosine ai fedeli. Difese anche la
fede contro gli increduli ed ostinati giudei, i quali non potendo resistere
alla sapienza ed allo spirito di Dio che in lui parlava, lo trascinarono
innanzi al cosiddetto Concilio, ove produssero dei falsi testimoni contro di
lui, che lo accusarono per bestemmiatore della Legge di Dio. Interrogato dal
Sommo Sacerdote sopra le accuse fattegli, fece un ammirabile discorso, al
fine di provare che Gesù Cristo fosse il Messia, e finì con una fortissima
invettiva contro la loro inflessibile durezza, e la persecuzione che avevano
mossa in ogni tempo contro i Servi di Dio, e la morte che avevano fatta
soffrire al Santo dei Santi. Irritati i suoi nemici di un tal discorso si
lanciarono sopra di lui e lo lapidarono barbaramente. Egli impiegò gli ultimi
suoi momenti nel pregare per essi e scongiurare Gesù Cristo, che vedeva
nell'alto dei Cieli, a non imputar loro quel peccato; e così morendo fu
il primo che ebbe la sorte di dar la vita ed il sangue per il nome di Gesù
Cristo.
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Santo Stefano Re
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(Ungheria, 969 - 1038)
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S. Stefano, che in onore di
S. Stefano Protomartire ricevé questo nome, fu figlio di Geisa Duca
d'Ungheria; il quale dopo avere abbracciata la Cristiana Religione con una gran
parte della sua famiglia, stabili di distruggere il paganesimo in tutta la sua
nazione. Ma questa pia impresa era riservata al suo figliuolo, che appena
cominciò dopo la morte del Padre a governare i suoi popoli, ebbe per primo, e
principale suo pensiero, quello di guadagnarli a Gesù Cristo. Fece a questo
scopo venire dei Sacerdoti e dei Religiosi di raro merito, affinché vi
predicassero il Vangelo; ed allorché vide moltiplicati in gran numero i
Cristiani, divise in più Vescovadi tutto il suo dominio; e per ottenerne la
conferma, spedì a Roma un Ambasciatore con la commissione di prestar la sua
ubbidienza al Pontefice Silvestro II. Questi oltre la corona d'oro col titolo
di Re, donò a Stefano una Croce, perché fosse come l'insegna del suo
Apostolato. Trionfò il S. Re in varie battaglie contro i suoi nemici: fu
devotissimo alla SS. Vergine; e si segnalò in tutte le cristiane virtù.
Finalmente il Signore volle trasferirlo dal Regno temporale di questa terra
all'eterno Regno del Cielo.
(Dai
Bollandisti).
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