|
1

Libro della storia di Tobi, figlio di Tòbiel, figlio di
Anàniel, figlio di Àduel, figlio di Gàbael, della discendenza di
Àsiel, della tribù di Nèftali. Al tempo di Salmanàssar,
re degli Assiri, egli fu condotto prigioniero da Tisbe, che sta a sud di
Kades di Nèftali, nell'alta Galilea, sopra Casor, verso occidente, a
nord di Sefet.
Io, Tobi, passavo i giorni della mia vita seguendo le vie
della verità e della giustizia. Ai miei fratelli e ai miei compatrioti,
che erano stati condotti con me in prigionia a Ninive, nel paese degli
Assiri, facevo molte elemosine. Mi trovavo ancora al mio
paese, la terra d'Israele, ed ero ancora giovane, quando la tribù del
mio antenato Nèftali abbandonò la casa di Davide e si staccò da
Gerusalemme, la sola città fra tutte le tribù d'Israele scelta per i
sacrifici. In essa era stato edificato il tempio, dove abita Dio, ed era
stato consacrato per tutte le generazioni future. Tutti i
miei fratelli e quelli della tribù del mio antenato Nèftali facevano
sacrifici sui monti della Galilea al vitello che Geroboàmo re d'Israele
aveva fabbricato in Dan. Io ero il solo che spesso mi recavo
a Gerusalemme nelle feste, per obbedienza ad una legge perenne
prescritta a tutto Israele. Correvo a Gerusalemme con le primizie dei
frutti e degli animali, con le decime del bestiame e con la prima lana
che tosavo alle mie pecore. Consegnavo tutto ai sacerdoti,
figli di Aronne, per l'altare. Davo anche ai leviti che allora erano in
funzione a Gerusalemme le decime del grano, del vino, dell'olio, delle
melagrane, dei fichi e degli altri frutti. Per sei anni consecutivi
convertivo in danaro la seconda decima e la spendevo ogni anno a
Gerusalemme. La terza decima poi era per gli orfani, le
vedove e i forestieri che si trovavano con gli Israeliti. La portavo
loro ogni tre anni e la si consumava insieme, come vuole la legge di
Mosè e secondo le raccomandazioni di Debora moglie di Anàniel, la
madre di nostro padre, poiché mio padre, morendo, mi aveva lasciato
orfano.
Quando divenni adulto, sposai Anna, una donna della
mia parentela, e da essa ebbi un figlio che chiamai Tobia. Dopo
la deportazione in Assiria, quando fui condotto prigioniero e arrivai a
Ninive, tutti i miei fratelli e quelli della mia gente mangiavano i cibi
dei pagani; ma io mi guardai bene dal farlo. Poiché
restai fedele a Dio con tutto il cuore, l'Altissimo mi fece
trovare il favore di Salmanàssar, del quale presi a trattare gli
affari. Venni così nella Media, dove, finché egli visse,
conclusi affari per conto suo. Fu allora che a Rage di Media, presso
Gabael, un mio parente figlio di Gabri, depositai in sacchetti la somma
di dieci talenti d'argento. Quando Salmanàssar morì, gli
successe il figlio Sennàcherib.

Allora le strade della Media divennero
impraticabili e non potei più tornarvi. Al tempo di Salmanàssar facevo spesso l'elemosina a quelli della mia gente; donavo
il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei
miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo
seppellivo. Seppellii anche quelli che aveva uccisi Sennàcherib, quando tornò fuggendo dalla Giudea, al tempo del castigo
mandato dal re del cielo sui bestemmiatori. Nella sua collera egli ne
uccise molti; io sottraevo i loro corpi per la sepoltura e Sennàcherib
invano li cercava. Ma un cittadino di Ninive andò ad
informare il re che io li seppellivo di nascosto. Quando seppi che il re
conosceva il fatto e che mi si cercava per essere messo a morte, colto
da paura, mi diedi alla fuga. I miei beni furono confiscati
e passarono tutti al tesoro del re. Mi restò solo la moglie Anna con il
figlio Tobia. Neanche quaranta giorni dopo, il re fu ucciso
da due suoi figli, i quali poi fuggirono sui monti dell'Ararat. Gli
successe allora il figlio Assarhaddon. Egli nominò Achikar, figlio di
mio fratello Ànael, incaricato della contabilità del regno ed ebbe la
direzione generale degli affari. Allora Achikar prese a
cuore la mia causa e potei così ritornare a Ninive. Al tempo di
Sennàcherib re degli Assiri, Achikar era stato gran coppiere, ministro
della giustizia, amministratore e sovrintendente della contabilità e
Assarhaddon l'aveva mantenuto in carica. Egli era mio nipote e uno della
mia parentela.
2

Sotto il regno di Assarhaddon ritornai dunque a casa mia
e mi fu restituita la compagnia della moglie Anna e del figlio Tobia.
Per la nostra festa di pentecoste, cioè la festa delle settimane, avevo
fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola: la tavola
era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobia: "Figlio mio,
va', e se trovi tra i nostri fratelli deportati a Ninive qualche povero,
che sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io
resto ad aspettare che tu ritorni". Tobia uscì in
cerca di un povero tra i nostri fratelli. Di ritorno disse:
"Padre!". Gli risposi: "Ebbene, figlio mio".
"Padre - riprese - uno della nostra gente è stato strangolato e
gettato nella piazza, dove ancora si trova". Io allora
mi alzai, lasciando intatto il pranzo; tolsi l'uomo dalla piazza e lo
posi in una camera in attesa del tramonto del sole, per poterlo
seppellire. Ritornai e, lavatomi, presi il pasto con
tristezza, ricordando le parole del profeta Amos su Betel:

"Si cambieranno le vostre feste in lutto, tutti i vostri canti
in lamento". E piansi. Quando poi calò il sole, andai
a scavare una fossa e ve lo seppellii. I miei vicini mi
deridevano dicendo: "Non ha più paura! Proprio per questo motivo
è già stato ricercato per essere ucciso. È dovuto fuggire ed ora
eccolo di nuovo a seppellire i morti". Quella notte,
dopo aver seppellito il morto, mi lavai, entrai nel mio cortile e mi
addormentai sotto il muro del cortile. Per il caldo che c'era tenevo la
faccia scoperta, ignorando che sopra di me, nel muro,
stavano dei passeri. Caddero sui miei occhi i loro escrementi ancora
caldi, che mi produssero macchie bianche, e dovetti andare dai medici
per la cura. Più essi però mi applicavano farmachi, più mi si
oscuravano gli occhi per le macchie bianche, finché divenni cieco del
tutto. Per quattro anni fui cieco e ne soffersero tutti i miei fratelli.
Achikar, nei due anni che precedettero la sua partenza per l'Elimaide,
provvide al mio sostentamento.

In quel tempo mia moglie Anna lavorava nelle sue stanze
a pagamento, tessendo la lana che rimandava poi ai padroni
e ricevendone la paga. Ora nel settimo giorno del mese di Distro, quando
essa tagliò il pezzo che aveva tessuto e lo mandò ai padroni, essi,
oltre la mercede completa, le fecero dono di un capretto per il
desinare. Quando il capretto entrò in casa mia, si mise a
belare. Chiamai allora mia moglie e le dissi: "Da dove viene questo
capretto? Non sarà stato rubato? Restituiscilo ai padroni, poiché non
abbiamo il diritto di mangiare cosa alcuna rubata". Ella
mi disse: "Mi è stato dato in più del salario". Ma io non le
credevo e le ripetevo di restituirlo ai padroni e a causa di ciò
arrossivo di lei. Allora per tutta risposta mi disse: "Dove sono le
tue elemosine? Dove sono le tue buone opere? Ecco, lo si vede bene dal
come sei ridotto!".
3

Con l'animo affranto dal dolore, sospirai e piansi. Poi
presi a dire questa preghiera di lamento: "Tu sei
giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è
misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo. Ora,
Signore, ricordati di me e guardami. Non punirmi per i miei peccati e
per gli errori miei e dei miei padri. Violando i tuoi
comandi, abbiamo peccato davanti a te. Tu hai lasciato che ci
spogliassero dei beni; ci hai abbandonati alla prigionia, alla morte e
ad essere la favola, lo scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le
quali ci hai dispersi. Ora, nel trattarmi secondo le colpe
mie e dei miei padri, veri sono tutti i tuoi giudizi, perché non
abbiamo osservato i tuoi decreti, camminando davanti a te nella verità.
Agisci pure ora come meglio ti piace; da' ordine che venga
presa la mia vita, in modo che io sia tolto dalla terra e divenga terra,
poiché per me è preferibile la morte alla vita. I rimproveri che mi
tocca sentire destano in me grande dolore. Signore, comanda che sia
tolto da questa prova; fa' che io parta verso l'eterno soggiorno;
Signore, non distogliere da me il volto. Per me infatti è meglio morire
che vedermi davanti questa grande angoscia e così non sentirmi più
insultare!".

Nello stesso giorno capitò a Sara figlia di
Raguele,
abitante di Ecbàtana, nella Media, di sentire insulti da parte di una
serva di suo padre. Bisogna sapere che essa era stata data
in moglie a sette uomini e che Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva
uccisi, prima che potessero unirsi con lei come si fa con le mogli. A
lei appunto disse la serva: "Sei proprio tu che uccidi i tuoi
mariti. Ecco, sei già stata data a sette mariti e neppure di uno hai
potuto godere. Perché vuoi battere noi, se i tuoi mariti
sono morti? Vattene con loro e che da te non abbiamo mai a vedere né
figlio né figlia". In quel giorno dunque essa soffrì
molto, pianse e salì nella stanza del padre con l'intenzione di
impiccarsi. Ma tornando a riflettere pensava: "Che non abbiano ad
insultare mio padre e non gli dicano: La sola figlia che avevi, a te
assai cara, si è impiccata per le sue sventure. Così farei precipitare
la vecchiaia di mio padre con angoscia negli inferi. Farò meglio a non
impiccarmi e a supplicare il Signore che mi sia concesso di morire, in
modo da non sentire più insulti nella mia vita". In
quel momento stese le mani verso la finestra e pregò: "Benedetto
sei tu, Dio misericordioso, e benedetto è il tuo nome nei secoli. Ti
benedicano tutte le tue opere per sempre. Ora a te alzo la
faccia e gli occhi. Di' che io sia tolta dalla terra,
perché non abbia a sentire più insulti. Tu sai, Signore,
che sono pura da ogni disonestà con uomo e che non ho
disonorato il mio nome, né quello di mio padre nella terra dell'esilio.
Io sono l'unica figlia di mio padre. Egli non ha altri figli che possano
ereditare, né un fratello vicino, né un parente, per il quale io possa
serbarmi come sposa. Già sette mariti ho perduto: perché dovrei vivere
ancora? Se tu non vuoi che io muoia, guardami con benevolenza: che io
non senta più insulti". In quel medesimo momento la preghiera di tutti e due fu
accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a
guarire i due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi,
perché con gli occhi vedesse la luce di Dio; a dare Sara, figlia di
Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e a liberarla dal cattivo
demonio Asmodeo. Di diritto, infatti, spettava a Tobia di sposarla,
prima che a tutti gli altri pretendenti. Proprio allora Tobi rientrava
dal cortile in casa e Sara, figlia di Raguele, stava scendendo dalla
camera.
4

In quel giorno Tobi si ricordò del denaro che aveva
depositato presso Gabael in Rage di Media e pensò: "Ho
invocato la morte. Perché dunque non dovrei chiamare mio figlio Tobia e
informarlo, prima di morire, di questa somma di denaro?". Chiamò
il figlio e gli disse: "Qualora io muoia, dammi una sepoltura
decorosa; onora tua madre e non abbandonarla per tutti i giorni della
sua vita; fa' ciò che è di suo gradimento e non procurarle nessun
motivo di tristezza. Ricordati, figlio, che ha corso tanti
pericoli per te, quando eri nel suo seno. Quando morirà, dalle
sepoltura presso di me in una medesima tomba. Ogni giorno, o
figlio, ricordati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi
comandi. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non
metterti per la strada dell'ingiustizia. Se agirai con
rettitudine, riusciranno le tue azioni, come quelle di chiunque pratichi
la giustizia. Dei tuoi beni fa' elemosina. Non distogliere
mai lo sguardo dal povero, così non si leverà da te lo sguardo di Dio.

La tua elemosina sia proporzionata ai beni che possiedi: se
hai molto, da' molto; se poco, non esitare a dare secondo quel poco. Così
ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno, poiché
l'elemosina libera dalla morte e salva dall'andare tra le tenebre. Per
tutti quelli che la compiono, l'elemosina è un dono prezioso davanti
all'Altissimo. Guardati, o figlio, da ogni sorta di
fornicazione; anzitutto prenditi una moglie dalla stirpe dei tuoi padri
e non una donna straniera, che cioè non sia della stirpe di tuo padre,
perché noi siamo figli di profeti. Ricordati di Noè, di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe, nostri padri fin da principio. Essi sposarono
tutti una donna della loro parentela e furono benedetti nei loro figli e
la loro discendenza avrà in eredità la terra. Ama, o
figlio, i tuoi fratelli; nel tuo cuore non concepire disprezzo per i
tuoi fratelli, figli e figlie del tuo popolo, e tra di loro scegliti la
moglie. L'orgoglio infatti è causa di rovina e di grande inquietudine.
Nella pigrizia vi è povertà e miseria, perché l'ignavia è madre
della fame. Non rimandare la paga di chi lavora per te, ma
a lui consegnala subito; se così avrai servito Dio, ti sarà data la
ricompensa. Poni attenzione, o figlio, in quanto fai e sii ben educato
in ogni tuo comportamento. Non fare a nessuno ciò che non
piace a te. Non bere vino fino all'ebbrezza e non avere per compagna del
tuo viaggio l'ubriachezza. Da' il tuo pane a chi ha fame e
fa' parte dei tuoi vestiti agli ignudi. Da' in elemosina quanto ti
sopravanza e il tuo occhio non guardi con malevolenza, quando fai
l'elemosina. Versa il tuo vino e deponi il tuo pane sulla
tomba dei giusti, non darne invece ai peccatori. Chiedi il
parere ad ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun buon
consiglio. In ogni circostanza benedici il Signore e
domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i tuoi sentieri e i tuoi
desideri giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede la
saggezza, ma è il Signore che elargisce ogni bene. Il Signore esalta o
umilia chi vuole fino nella regione sotterranea. Infine, o figlio,
conserva nella mente questi comandamenti, non lasciare che si cancellino
dal tuo cuore.
Ora, figlio, ti faccio sapere che ho depositato dieci
talenti d'argento presso Gabael figlio di Gabri, a Rage di Media. Non
temere se siamo diventati poveri. Tu avrai una grande ricchezza se avrai
il timor di Dio, se rifuggirai da ogni peccato e farai ciò che piace al
Signore Dio tuo".
5

Allora Tobia rispose al padre: "Quanto mi hai
comandato io farò, o padre. Ma come potrò riprendere la
somma, dal momento che lui non conosce me, né io conosco lui? Che segno
posso dargli, perché mi riconosca, mi creda e mi consegni il denaro?
Inoltre non sono pratico delle strade della Media per andarvi". Rispose
Tobi al figlio: "Mi ha dato un documento autografo e anch'io gli ho
consegnato un documento scritto; lo divisi in due parti e ne prendemmo
ciascuno una parte; l'altra parte la lasciai presso di lui con il
denaro. Sono ora vent'anni da quando ho depositato quella somma. Cercati
dunque, o figlio, un uomo di fiducia che ti faccia da guida. Lo
pagheremo per tutto il tempo fino al tuo ritorno. Va' dunque da Gabael a
ritirare il denaro". Uscì Tobia in cerca di uno pratico della strada che lo
accompagnasse nella Media. Uscì e si trovò davanti l'angelo Raffaele,
non sospettando minimamente che fosse un angelo di Dio. Gli
disse: "Di dove sei, o giovane?". Rispose: "Sono uno dei
tuoi fratelli Israeliti, venuto a cercare lavoro". Riprese Tobia:
"Conosci la strada per andare nella Media?". Gli
disse: "Certo, parecchie volte sono stato là e conosco bene tutte
le strade. Spesso mi recai nella Media e alloggiai presso Gabael, un
nostro fratello che abita a Rage di Media.

Ci sono due giorni di cammino
da Ecbàtana a Rage. Rage è sulle montagne ed Ecbàtana è nella
pianura". E Tobia a lui: "Aspetta, o giovane, che
vada ad avvertire mio padre. Ho bisogno che tu venga con me e ti
pagherò il tuo salario". Gli rispose: "Ecco, ti
attendo; soltanto non tardare". Tobia andò ad
informare suo padre Tobi dicendogli: "Ecco, ho trovato un uomo tra
i nostri fratelli Israeliti". Gli rispose: "Chiamalo, perché
io sappia di che famiglia e di che tribù è e se è persona fidata per
venire con te, o figlio". Tobia uscì a chiamarlo:
"Quel giovane, mio padre ti chiama". Entrò da lui. Tobi lo
salutò per primo e l'altro gli disse: "Possa tu avere molta
gioia!". Tobi rispose: "Che gioia posso ancora avere? Sono un
uomo cieco; non vedo la luce del cielo; mi trovo nella oscurità come i
morti che non contemplano più la luce. Anche se vivo, dimoro con i
morti; sento la voce degli uomini, ma non li vedo". Gli rispose:
"Fatti coraggio, Dio non tarderà a guarirti, coraggio!". E
Tobi: "Mio figlio Tobia vuole andare nella Media. Non potresti
accompagnarlo? Io ti pagherò, fratello!". Rispose: "Sì,
posso accompagnarlo; conosco tutte le strade. Mi sono recato spesso
nella Media. Ho attraversato tutte le sue pianure e i suoi monti e ne
conosco tutte le strade". Tobi a lui: "Fratello,
di che famiglia e di che tribù sei? Indicamelo, fratello". Ed
egli: "Che ti serve la famiglia e la tribù? Cerchi una famiglia e
una tribù o un mercenario che accompagni tuo figlio nel viaggio?".
L'altro gli disse: "Voglio sapere con verità di chi tu sei figlio
e il tuo vero nome". Rispose: "Sono Azaria,
figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli".

Gli
disse allora: "Sii benvenuto e in buona salute, o fratello! Non
avertene a male, fratello, se ho voluto sapere la verità sulla tua
famiglia. Tu dunque sei mio parente, di bella e buona discendenza!
Conoscevo Anania e Natan, i due figli di Semeia il grande. Venivano con
me a Gerusalemme e là facevano adorazione insieme con me; non hanno
abbandonato la retta via. I tuoi fratelli sono brava gente; tu sei di
buona radice: sii benvenuto!". Continuò: "Ti dò
una dramma al giorno, oltre quello che occorre a te e a mio figlio
insieme. Fa' dunque il viaggio con mio figlio e poi ti darò ancora di
più". Gli disse: "Farò il viaggio con lui. Non
temere; partiremo sani e sani ritorneremo, perché la strada è
sicura". Tobi gli disse: "Sia con te la
benedizione, o fratello!". Si rivolse poi al figlio e gli disse:
"Figlio, prepara quanto occorre per il viaggio e parti con questo
tuo fratello. Dio, che è nei cieli, vi conservi sani fin là e vi
restituisca a me sani e salvi; il suo angelo vi accompagni con la sua
protezione, o figliuolo!". Tobia si preparò per il viaggio e, uscito per mettersi
in cammino, baciò il padre e la madre. E Tobi gli disse: "Fa' buon
viaggio!". Allora la madre si mise a piangere e disse
a Tobi: "Perché hai voluto che mio figlio partisse? Non è lui il
bastone della nostra mano, lui, la guida dei nostri passi? Si lasci
perdere il denaro e vada in cambio di nostro figlio. Quel
genere di vita che ci è stato dato dal Signore è abbastanza per
noi". Le disse: "Non stare in pensiero: nostro
figlio farà buon viaggio e tornerà in buona salute da noi. I tuoi
occhi lo vedranno il giorno in cui tornerà sano e salvo da te. Non
stare in pensiero, non temere per loro, o sorella. Un buon angelo
infatti lo accompagnerà, riuscirà bene il suo viaggio e tornerà sano
e salvo". Essa cessò di piangere.
6

Il giovane partì insieme con l'angelo e anche il cane li
seguì e s'avviò con loro. Camminarono insieme finché li sorprese la
prima sera; allora si fermarono a passare la notte sul fiume Tigri. Il
giovane scese nel fiume per lavarsi i piedi, quand'ecco un grosso pesce
balzò dall'acqua e tentò di divorare il piede del ragazzo, che si mise
a gridare. Ma l'angelo gli disse: "Afferra il pesce e
non lasciarlo fuggire". Il ragazzo riuscì ad afferrare il pesce e
a tirarlo a riva. Gli disse allora l'angelo: "Aprilo e
togline il fiele, il cuore e il fegato; mettili in disparte e getta via
invece gli intestini. Il fiele, il cuore e il fegato possono essere
utili medicamenti". Il ragazzo squartò il pesce, ne
tolse il fiele, il cuore e il fegato; arrostì una porzione del pesce e
la mangiò; l'altra parte la mise in serbo dopo averla salata. Poi
tutti e due insieme ripresero il viaggio, finché non furono vicini alla
Media. Allora il ragazzo rivolse all'angelo questa domanda:
"Azaria, fratello, che rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e
nel fiele del pesce?". Gli rispose: "Quanto al
cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza di una persona,
uomo o donna, invasata dal demonio o da uno spirito cattivo e cesserà
in essa ogni vessazione e non ne resterà più traccia alcuna. Il
fiele invece serve per spalmarlo sugli occhi di uno affetto da albugine;
si soffia su quelle macchie e gli occhi guariscono".

Erano entrati nella Media e già erano vicini a
Ecbàtana, quando Raffaele disse al ragazzo: "Fratello
Tobia!". Gli rispose: "Eccomi". Riprese: "Questa
notte dobbiamo alloggiare presso Raguele, che è tuo parente. Egli ha
una figlia chiamata Sara e all'infuori di Sara nessun altro
figlio o figlia. Tu, come il parente più stretto, hai diritto di
sposarla più di qualunque altro uomo e di avere in eredità i beni di
suo padre. È una ragazza seria, coraggiosa, molto graziosa e suo padre
è una brava persona". E aggiunse: "Tu hai il
diritto di sposarla. Ascoltami, fratello; io parlerò della fanciulla al
padre questa sera, perché la serbi come tua fidanzata. Quando torneremo
da Rage, faremo il matrimonio. So che Raguele non potrà rifiutarla a te
o prometterla ad altri; egli incorrerebbe nella morte secondo la
prescrizione della legge di Mosè, poiché egli sa che prima di ogni
altro spetta a te avere sua figlia. Ascoltami, dunque, fratello. Questa
sera parleremo della fanciulla e ne domanderemo la mano. Al nostro
ritorno da Rage la prenderemo e la condurremo con noi a casa tua". Allora
Tobia rispose a Raffaele: "Fratello Azaria, ho sentito dire che
essa è già stata data in moglie a sette uomini ed essi sono morti
nella stanza nuziale la notte stessa in cui dovevano unirsi a lei. Ho
sentito inoltre dire che un demonio le uccide i mariti. Per
questo ho paura: il demonio è geloso di lei, a lei non fa del male, ma
se qualcuno le si vuole accostare, egli lo uccide. Io sono l'unico
figlio di mio padre. Ho paura di morire e di condurre così alla tomba
la vita di mio padre e di mia madre per l'angoscia della mia perdita.
Non hanno un altro figlio che li possa seppellire". Ma
quello gli disse: "Hai forse dimenticato i moniti di tuo padre, che
ti ha raccomandato di prendere in moglie una donna del tuo casato?
Ascoltami, dunque, o fratello: non preoccuparti di questo demonio e
sposala. Sono certo che questa sera ti verrà data in moglie. Quando
però entri nella camera nuziale, prendi il cuore e il fegato del pesce
e mettine un poco sulla brace degli incensi. L'odore si spanderà, il
demonio lo dovrà annusare e fuggirà e non comparirà più intorno a
lei. Poi, prima di unirti con essa, alzatevi tutti e due a
pregare. Supplicate il Signore del cielo perché venga su di voi la sua
grazia e la sua salvezza. Non temere: essa ti è stata destinata fin
dall'eternità. Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che da lei
avrai figli che saranno per te come fratelli. Non stare in
pensiero". Quando Tobia sentì le parole di Raffaele e
seppe che Sara era sua consanguinea della stirpe della famiglia di suo
padre, l'amò al punto da non saper più distogliere il cuore da lei.
7

Quando fu entrato in Ecbàtana, Tobia disse:
"Fratello Azaria, conducimi diritto da nostro fratello Raguele".
Egli lo condusse alla casa di Raguele, che trovarono seduto presso la
porta del cortile. Lo salutarono per primi ed egli rispose: "Salute
fratelli, siate i benvenuti!". Li fece entrare in casa. Disse
alla moglie Edna: "Quanto somiglia questo giovane a mio fratello
Tobi!". Edna domandò loro: "Di dove siete,
fratelli?", ed essi risposero: "Siamo dei figli di Nèftali,
deportati a Ninive". Disse allora: "Conoscete
nostro fratello Tobi?". Le dissero: "Lo conosciamo".
Riprese: "Come sta?". Risposero: "Vive e sta
bene". E Tobia aggiunse: "È mio padre". Raguele
allora balzò in piedi, l'abbracciò e pianse. Poi gli disse: "Sii
benedetto, figliolo! Sei il figlio di un ottimo padre. Che sventura per
un uomo giusto e largo di elemosine essere diventato cieco!".

Si
gettò al collo del parente Tobia e pianse. Pianse anche la
moglie Edna e pianse anche la loro figlia Sara. Poi egli
macellò un montone del gregge e fece loro una calorosa accoglienza. Si
lavarono, fecero le abluzioni e, quando si furono messi a tavola, Tobia
disse a Raffaele: "Fratello Azaria, domanda a Raguele che mi dia in
moglie mia cugina Sara". Raguele udì queste parole e disse al
giovane: "Mangia, bevi e sta' allegro per questa sera, poiché nessuno
all'infuori di te, mio parente, ha il diritto di prendere mia figlia
Sara, come del resto neppure io ho la facoltà di darla ad un altro uomo
all'infuori di te, poiché tu sei il mio parente più stretto. Però,
figlio, voglio dirti con franchezza la verità. L'ho
data a sette mariti, scelti tra i nostri fratelli, e tutti sono morti la
notte stessa delle nozze. Ora mangia e bevi, figliolo; il Signore
provvederà". Ma Tobia disse: "Non mangerò
affatto né berrò, prima che tu abbia preso una decisione a mio
riguardo". Rispose Raguele: "Lo farò! Essa ti viene data
secondo il decreto del libro di Mosè e come dal cielo è stato
stabilito che ti sia data. Prendi dunque tua cugina, d'ora in poi tu sei
suo fratello e lei tua sorella. Ti viene concessa da oggi per sempre. Il
Signore del cielo vi assista questa notte, figlio mio, e vi conceda la
sua misericordia e la sua pace". Raguele chiamò la figlia Sara e quando essa venne la
prese per mano e l'affidò a Tobia con queste parole: "Prendila;
secondo la legge e il decreto scritto nel libro di Mosè ti viene
concessa in moglie. Tienila e sana e salva conducila da tuo padre. Il
Dio del cielo vi assista con la sua pace". Chiamò poi
la madre di lei e le disse di portare un foglio e stese il documento di
matrimonio, secondo il quale concedeva in moglie a Tobia la propria
figlia, in base al decreto della legge di Mosè. Dopo di ciò
cominciarono a mangiare e a bere. Poi Raguele chiamò la
moglie Edna e le disse: "Sorella mia, prepara l'altra camera e
conducila dentro". Essa andò a preparare il letto
della camera, come le aveva ordinato, e vi condusse la figlia. Pianse
per lei, poi si asciugò le lacrime e disse: "Coraggio,
figlia, il Signore del cielo cambi in gioia il tuo dolore. Coraggio,
figlia!". E uscì.
8

Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di
andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella
camera da letto. Tobia allora si ricordò delle parole di
Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose
sulla brace dell'incenso. L'odore del pesce respinse il
demonio, che fuggì nelle regioni dell'alto Egitto. Raffaele vi si recò
all'istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi. Gli
altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera. Tobia
si alzò dal letto e disse a Sara: "Sorella, alzati! Preghiamo e
domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza". Essa
si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la
salvezza, dicendo: "Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e
benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli
e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo
e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno.
Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa
buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora
non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine
d'intenzione. Dègnati di aver misericordia di me e di lei e di farci
giungere insieme alla vecchiaia". E dissero insieme:
"Amen, amen!". Poi dormirono per tutta la notte.

Ma Raguele si alzò; chiamò i servi e andò con loro a
scavare una fossa. Diceva infatti: "Caso mai sia morto, non abbiamo
a diventare oggetto di scherno e di ribrezzo". Quando
ebbero terminato di scavare la tomba, Raguele tornò in casa; chiamò la
moglie e le disse: "Manda in camera una delle serve a
vedere se è vivo; così, se è morto, lo seppelliremo senza che nessuno
lo sappia". Mandarono avanti la serva, accesero la
lampada e aprirono la porta; essa entrò e li trovò che dormivano
insieme, immersi in un sonno profondo. La serva uscì e
riferì loro che era vivo e che non era successo nulla di male. Benedissero
allora il Dio del cielo: "Tu sei benedetto, o Dio, con ogni pura
benedizione. Ti benedicano per tutti i secoli! Tu sei
benedetto, perché mi hai rallegrato e non è avvenuto ciò che temevo,
ma ci hai trattato secondo la tua grande misericordia. Tu
sei benedetto, perché hai avuto compassione dei due figli unici.
Concedi loro, Signore, grazia e salvezza e falli giungere fino al
termine della loro vita in mezzo alla gioia e alla grazia". Allora
ordinò ai servi di riempire la fossa prima che si facesse giorno. Raguele ordinò alla moglie di fare il pane in
abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro
montoni; li fece macellare e cominciarono così a preparare il
banchetto. Poi chiamò Tobia e sotto giuramento gli disse:
"Per quattordici giorni non te ne andrai di qui, ma ti fermerai da
me a mangiare e a bere e così allieterai l'anima già tanto afflitta di
mia figlia. Di quanto possiedo prenditi la metà e torna
sano e salvo da tuo padre. Quando io e mia moglie saremo morti, anche
l'altra metà sarà vostra. Coraggio, figlio! Io sono tuo padre ed Edna
è tua madre; noi apparteniamo a te come a questa tua sorella da ora per
sempre. Coraggio, figlio!".
9

Allora Tobia chiamò Raffaele e gli disse: "Fratello
Azaria, prendi con te quattro servi e due cammelli e mettiti in viaggio
per Rage. Va' da Gabael, consegnagli il documento, riporta
il denaro e conduci anche lui con te alle feste nuziali. Tu
sai infatti che mio padre starà a contare i giorni e, se tarderò anche
di un solo giorno, lo farò soffrire troppo. Vedi bene che cosa ha
giurato Raguele e io non posso trasgredire il suo giuramento". Partì
dunque Raffaele per Rage di Media con quattro servi e due cammelli.
Alloggiarono da Gabael. Raffaele gli presentò il documento e insieme lo
informò che Tobia, figlio di Tobi, aveva preso moglie e lo invitava
alle nozze. Gabael andò subito a prendere i sacchetti, ancora con i
loro sigilli e li contò in sua presenza; poi li caricarono sui
cammelli. Partirono insieme di buon mattino per andare alle
nozze. Giunti da Raguele, trovarono Tobia adagiato a tavola. Egli saltò
in piedi a salutarlo e Gabael pianse e lo benedisse: "Figlio ottimo
di un uomo ottimo, giusto e largo di elemosine, conceda il Signore la
benedizione del cielo a te, a tua moglie, al padre e alla madre di tua
moglie. Benedetto Dio, poiché ho visto mio cugino Tobi, vedendo te che
tanto gli somigli!".
10

Ogni giorno intanto Tobi contava le giornate, quante
erano necessarie all'andata e quante al ritorno. Quando poi i giorni
furono al termine e il figlio non era ancora tornato, pensò:
"Forse sarà stato trattenuto là? O sarà morto Gabael e nessuno
gli darà il denaro?". Cominciò così a rattristarsi. La
moglie Anna diceva: "Mio figlio è perito e non è più tra i vivi,
perché troppo è il ritardo". E cominciò a piangere e
a lamentarsi sul proprio figlio dicendo: "Ahimè, figlio, perché
ho lasciato partire te che eri la luce dei miei occhi!". Le
rispondeva Tobi: "Taci, non stare in pensiero, sorella; egli sta
bene. Certo li trattiene là qualche fatto imprevisto. Del resto l'uomo
che lo accompagnava è sicuro ed è uno dei nostri fratelli. Non
affliggerti per lui, sorella; tra poco sarà qui". Ma
essa replicava: "Lasciami stare e non ingannarmi! Mio figlio è
perito". E subito usciva e osservava la strada per la quale era
partito il figlio; così faceva ogni giorno senza lasciarsi persuadere
da nessuno. Quando il sole era tramontato, rientrava a piangere e a
lamentarsi per tutta la notte e non prendeva sonno.

Compiutisi i quattordici giorni delle feste nuziali, che
Raguele con giuramento aveva stabilito di fare per la propria figlia,
Tobia andò da lui e gli disse: "Lasciami partire. Sono certo che
mio padre e mia madre non hanno più speranza di rivedermi. Ti prego
dunque, o padre, di volermi congedare: possa così tornare da mio padre.
Già ti ho spiegato in quale condizione l'ho lasciato". Rispose
Raguele a Tobia: "Resta figlio, resta con me. Manderò messaggeri a
tuo padre Tobi, perché lo informino sul tuo conto". Ma quegli
disse: "No, ti prego di lasciarmi andare da mio padre". Allora
Raguele, alzatosi, consegnò a Tobia la sposa Sara con metà dei suoi
beni, servi e serve, buoi e pecore, asini e cammelli, vesti, denaro e
masserizie. Li congedò in buona salute. A lui poi rivolse
questo saluto: "Sta' sano, o figlio, e fa' buon viaggio! Il Signore
del cielo assista te e Sara tua moglie e possa io vedere i vostri figli
prima di morire". Poi abbracciò Sara sua figlia e
disse: "Onora tuo suocero e tua suocera, poiché da questo momento
essi sono i tuoi genitori, come coloro che ti hanno dato la vita. Va' in
pace, figlia, e possa sentire buone notizie a tuo riguardo, finché
sarò in vita". Dopo averli salutati, li congedò. Da
parte sua Edna disse a Tobia: "Figlio e fratello carissimo, il
Signore ti riconduca a casa e possa io vedere i figli tuoi e di Sara mia
figlia prima di morire, per gioire davanti al Signore. Ti affido mia
figlia in custodia. Non farla soffrire in nessun giorno della tua vita.
Figlio, va' in pace. D'ora in avanti io sono tua madre e Sara è tua
sorella. Possiamo tutti insieme avere buona fortuna per tutti i giorni
della nostra vita". Li baciò tutti e due e li congedò in buona
salute. Allora Tobia partì da Raguele in buona salute e
lieto, benedicendo il Signore del cielo e della terra, il re
dell'universo, perché aveva dato buon esito al suo viaggio. Benedisse
Raguele ed Edna sua moglie con quest'augurio: "Possa io avere la
fortuna di onorarvi tutti i giorni della vostra vita".
11

Quando furono nei pressi di Kaserin, di fronte a
Ninive,
disse Raffaele: "Tu sai in quale condizione abbiamo
lasciato tuo padre. Corriamo avanti, prima di tua moglie, e
prepariamo la casa, mentre gli altri vengono". Allora
s'incamminarono tutti e due insieme. Poi Raffaele gli disse:
"Prendi in mano il fiele". Il cane li seguiva. Anna
intanto sedeva a scrutare la strada per la quale era partito il figlio. Le
parve di vederlo venire e disse al padre di lui: "Ecco viene tuo
figlio con l'uomo che l'accompagnava". Raffaele disse a
Tobia prima di avvicinarsi al padre: "Io so che i suoi occhi si
apriranno. Spalma il fiele del pesce sui suoi occhi; il
farmaco intaccherà e asporterà come scaglie le macchie bianche dai
suoi occhi. Così tuo padre riavrà la vista e vedrà la luce". Anna
corse avanti e si gettò al collo del figlio dicendogli: "Ti
rivedo, o figlio. Ora posso morire!". E pianse. Tobi
si alzò e, incespicando, uscì dalla porta del cortile. Tobia
gli andò incontro, tenendo in mano il fiele del pesce. Soffiò sui suoi
occhi e lo trasse vicino, dicendo: "Coraggio, padre!". Spalmò
il farmaco che operò come un morso, poi distaccò con le
mani le scaglie bianche dai margini degli occhi. Tobi gli
si buttò al collo e pianse, dicendo: "Ti vedo, figlio, luce dei
miei occhi!". E aggiunse: "Benedetto Dio!
Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i suoi angeli santi!
Benedetto il suo grande nome su di noi e benedetti i suoi angeli per
tutti i secoli. Perché egli mi ha colpito ma poi ha avuto pietà ed
ecco, ora io contemplo mio figlio Tobia". Tobia entrò
in casa lieto, benedicendo Dio con quanta voce aveva.

Poi Tobia informò
suo padre del viaggio che aveva compiuto felicemente, del denaro che
aveva riportato, di Sara figlia di Raguele, che aveva presa in moglie e
che stava venendo e che si trovava ormai vicina, alla porta di Ninive. Allora
Tobi uscì verso la porta di Ninive incontro alla sposa di lui, lieto e
benedicendo Dio. Quando la gente di Ninive lo vide passare e camminare
con tutto il vigore di un tempo, senza che alcuno lo conducesse per
mano, fu presa da meraviglia; Tobi proclamava davanti a loro che Dio
aveva avuto pietà di lui e che gli aveva aperto gli occhi. Tobi
si avvicinò poi a Sara, la sposa di suo figlio Tobia, e la benedisse:
"Sii la benvenuta, figlia! Benedetto sia il tuo Dio, perché ti ha
condotta da noi, figlia! Benedetto sia tuo padre, benedetto mio figlio
Tobia e benedetta tu, o figlia! Entra nella casa che è tua in buona
salute e benedizione e gioia; entra, o figlia!". In
quel giorno ci fu una grande festa per tutti i Giudei di Ninive e
Achikar e Nadab suoi cugini vennero a congratularsi con Tobi. E
si festeggiarono le nozze di Tobia con gioia per sette giorni.
12

Quando furon terminate le feste nuziali, Tobi chiamò il
figlio Tobia e gli disse: "Figlio mio, pensa a dare la ricompensa
dovuta a colui che ti ha accompagnato e ad aggiungere qualcosa d'altro
alla somma pattuita". Gli disse Tobia: "Padre,
quanto potrò dargli come salario? Anche se gli lasciassi la metà dei
beni che egli ha portati con me, io non ci perderei. Egli mi
ha condotto sano e salvo, mi ha guarito la moglie, è andato a prendere
per me il denaro e infine ha guarito te! Quanto posso ancora dargli come
salario?". Tobi rispose: "È giusto ch'egli riceva
la metà di tutti i beni che ha riportati". Fece dunque
venire l'angelo e gli disse: "Prendi come tuo salario la metà di
tutti i beni che tu hai portati e va' in pace". Allora
Raffaele li chiamò tutti e due in disparte e disse loro: "Benedite
Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto,
perché sia benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti
gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non trascurate di
ringraziarlo. È bene tener nascosto il segreto del re, ma
è cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di Dio. Fate ciò che
è bene e non vi colpirà alcun male. Buona cosa è la
preghiera con il digiuno e l'elemosina con la giustizia. Meglio il poco
con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare
l'elemosina che mettere da parte oro. L'elemosina salva
dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l'elemosina
godranno lunga vita.

Coloro che commettono il peccato e
l'ingiustizia sono nemici della propria vita. Io vi voglio
manifestare tutta la verità, senza nulla nascondervi: vi ho già
insegnato che è bene nascondere il segreto del re, mentre è cosa
gloriosa rivelare le opere di Dio. Sappiate dunque che,
quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo l'attestato della
vostra preghiera davanti alla gloria del Signore. Così anche quando tu
seppellivi i morti. Quando poi tu non hai esitato ad
alzarti e ad abbandonare il tuo pranzo e sei andato a curare la
sepoltura di quel morto, allora io sono stato inviato per provare la tua
fede, ma Dio mi ha inviato nel medesimo tempo per guarire
te e Sara tua nuora. Io sono Raffaele, uno dei sette angeli
che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del
Signore". Allora furono riempiti di terrore tutti e
due; si prostrarono con la faccia a terra ed ebbero una grande paura. Ma
l'angelo disse loro: "Non temete; la pace sia con voi. Benedite Dio
per tutti i secoli. Quando ero con voi, io non stavo con
voi per mia iniziativa, ma per la volontà di Dio: lui dovete benedire
sempre, a lui cantate inni. A voi sembrava di vedermi
mangiare, ma io non mangiavo nulla: ciò che vedevate era solo
apparenza. Ora benedite il Signore sulla terra e rendete
grazie a Dio. Io ritorno a colui che mi ha mandato. Scrivete tutte
queste cose che vi sono accadute". E salì in alto. Essi
si rialzarono, ma non poterono più vederlo. Allora
andavano benedicendo e celebrando Dio e lo ringraziavano per queste
grandi opere, perché era loro apparso l'angelo di Dio.
13
Allora Tobi scrisse questa preghiera
di esultanza e disse:

"Benedetto Dio che vive in eterno
il suo regno dura per tutti i secoli;
Egli castiga e usa misericordia,
fa scendere negli abissi della terra,
fa risalire dalla grande Perdizione
e nulla sfugge alla sua mano.
Lodatelo, figli d'Israele, davanti
alle genti;
Egli vi ha disperso in mezzo ad esse
per proclamare la sua grandezza.
Esaltatelo davanti ad ogni vivente;
è lui il Signore, il nostro Dio,
lui il nostro Padre, il Dio per tutti i secoli.
Vi castiga per le vostre ingiustizie,
ma userà misericordia a tutti voi.
Vi raduna da tutte le genti,
fra le quali siete stati dispersi.
Convertitevi a lui con tutto il cuore
e con tutta l'anima,
per fare la giustizia davanti a Lui,
allora Egli si convertirà a voi
e non vi nasconderà il suo volto.
Ora contemplate ciò che ha operato
con voi
e ringraziatelo con tutta la voce;
benedite il Signore della giustizia
ed esaltate il re dei secoli.
Io gli do lode nel paese del mio
esilio
e manifesto la sua forza e grandezza a un popolo di peccatori.
Convertitevi, o peccatori, e operate la giustizia
davanti a lui;
chi sa che non torni ad amarvi e vi usi misericordia?
Io esalto il mio Dio e celebro il re
del cielo
ed esulto per la sua grandezza.

Tutti ne parlino
e diano lode a lui in Gerusalemme.
Gerusalemme, città santa,
ti ha castigata per le opere dei tuoi figli,
e avrà ancora pietà per i figli dei giusti.
Da' lode degnamente al Signore
e benedici il re dei secoli;
egli ricostruirà in te il suo tempio con gioia,
per allietare in te tutti i deportati,
per far contenti in te tutti gli sventurati,
per tutte le generazioni dei secoli.
Come luce splendida brillerai sino
ai confini della terra;
nazioni numerose verranno a te da lontano;
gli abitanti di tutti i confini della terra
verranno verso la dimora del tuo santo nome,
portando in mano i doni per il re del cielo.
Generazioni e generazioni esprimeranno in te
l'esultanza
e il nome della città eletta durerà nei secoli.
Maledetti coloro che ti malediranno,
maledetti saranno quanti ti distruggono,
demoliscono le tue mura,
rovinano le tue torri
e incendiano le tue abitazioni!
Ma benedetti sempre quelli che ti ricostruiranno.
Sorgi ed esulta per i figli dei giusti,
tutti presso di te si raduneranno
e benediranno il Signore dei secoli.
Beati coloro che ti amano
beati coloro che gioiscono per la tua pace.
Beati coloro che avranno pianto per
le tue sventure:
gioiranno per te
e vedranno tutta la tua gioia per sempre.
Anima mia, benedici il Signore, il gran re,
Gerusalemme sarà ricostruita
come città della sua residenza per sempre.
Beato sarò io, se rimarrà un resto della mia discendenza
per vedere la tua gloria e dar lode al re del cielo.
Le porte di Gerusalemme
saranno ricostruite di zaffiro e di smeraldo
e tutte le sue mura di pietre preziose.
Le torri di Gerusalemme si costruiranno con l'oro
e i loro baluardi con oro finissimo.
Le strade di Gerusalemme saranno lastricate
con turchese e pietra di Ofir.
Le porte di Gerusalemme
risuoneranno di canti di esultanza,
e in tutte le sue case canteranno: "Alleluia!
Benedetto il Dio d'Israele
e benedetti coloro che benedicono il suo santo nome
per sempre e nei secoli!".
14
Qui finirono le parole del canto di Tobi.

Tobi morì in pace all'età di centododici anni e fu
sepolto con onore a Ninive. Egli aveva sessantadue anni quando divenne
cieco; dopo la sua guarigione visse nella felicità, praticò
l'elemosina e continuò sempre a benedire Dio e a celebrare la sua
grandezza. Quando stava per morire, fece venire il figlio
Tobia e gli diede queste istruzioni: "Figlio, porta via
i tuoi figli e rifugiati in Media, perché io credo alla parola di Dio,
che Nahum ha pronunziato su Ninive. Tutto dovrà accadere, tutto si
realizzerà sull'Assiria e su Ninive, come hanno predetto i profeti
d'Israele, che Dio ha inviati; non una delle loro parole cadrà. Ogni
cosa capiterà a suo tempo. Vi sarà maggior sicurezza in Media che in
Assiria o in Babilonia. Perché io so e credo che quanto Dio ha detto si
compirà e avverrà e non cadrà una sola parola delle profezie. I
nostri fratelli che abitano il paese d'Israele saranno tutti dispersi e
deportati lontano dal loro bel paese e tutto il paese d'Israele sarà
ridotto a un deserto. Anche Samaria e Gerusalemme diventeranno un
deserto e il tempio di Dio sarà nell'afflizione e resterà bruciato
fino ad un certo tempo. Poi di nuovo Dio avrà pietà di
loro e li ricondurrà nel paese d'Israele. Essi ricostruiranno il
tempio, ma non uguale al primo, finché sarà completo il computo dei
tempi. Dopo, torneranno tutti dall'esilio e ricostruiranno Gerusalemme
nella sua magnificenza e il tempio di Dio sarà ricostruito, come hanno
preannunziato i profeti di Israele. Tutte le genti che si
trovano su tutta la terra si convertiranno e temeranno Dio nella
verità. Tutti abbandoneranno i loro idoli, che li hanno fatti errare
nella menzogna, e benediranno il Dio dei secoli nella giustizia. Tutti
gli Israeliti che saranno scampati in quei giorni e si ricorderanno di
Dio con sincerità, si raduneranno e verranno a Gerusalemme e per sempre
abiteranno tranquilli il paese di Abramo, che sarà dato in loro
possesso. Coloro che amano Dio nella verità gioiranno; coloro invece
che commettono il peccato e l'ingiustizia spariranno da tutta la terra. Ora,
figli, vi comando: servite Dio nella verità e fate ciò che a lui
piace. Anche ai vostri figli insegnate l'obbligo di fare la giustizia e
l'elemosina, di ricordarsi di Dio, di benedire il suo nome sempre, nella
verità e con tutte le forze. Tu dunque, figlio, parti da Ninive, non restare più qui. Dopo aver sepolto tua madre presso di me,
quel giorno stesso non devi più restare entro i confini di Ninive. Vedo
infatti trionfare in essa molta ingiustizia e grande perfidia e neppure
se ne vergognano. Vedi, figlio, quanto ha fatto Nadab al
padre adottivo Achikar. Non è stato egli costretto a scendere vivente
sotto terra? Ma Dio ha rigettato l'infamia in faccia al colpevole:
Achikar ritornò alla luce mentre invece Nadab entrò nelle tenebre
eterne, perché aveva cercato di far morire Achikar. Per aver praticato
l'elemosina, Achikar sfuggì al laccio mortale che gli aveva teso Nadab,
Nadab invece cadde in quel laccio, che lo fece perire. Così,
figli miei, vedete dove conduce l'elemosina e dove conduce l'iniquità:
essa conduce alla morte. Ma ecco, mi sfugge il respiro!". Essi lo
distesero sul letto; morì e fu sepolto con onore.
Quando morì la madre, Tobia la seppellì vicino al
padre, poi partì per la Media con la moglie e i figli. Abitò in
Ecbàtana, presso Raguele suo suocero. Curò con onore i
suoceri nella loro vecchiaia e li seppellì a Ecbàtana in Media. Tobia
ereditò il patrimonio di Raguele come ereditò quello del padre Tobi.
Morì da tutti stimato all'età di centodiciassette anni. Prima
di morire sentì parlare della rovina di Ninive e vide i prigionieri che
venivano deportati in Media per opera di Achiacar re della Media.
Benedisse allora Dio per quanto aveva fatto nei confronti degli abitanti
di Ninive e dell'Assiria. Prima di morire potè dunque gioire della
sorte di Ninive e benedisse il Signore Dio nei secoli dei secoli.

|