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Anna
1

C'era un uomo di Ramatàim, uno Zufita delle montagne di
Efraim, chiamato Elkana, figlio di Ierocàm, figlio di Eliàu, figlio di
Tòcu, figlio di Zuf, l'Efraimita. Aveva due mogli, l'una
chiamata Anna, l'altra Peninna. Peninna aveva figli mentre Anna non ne
aveva.
Quest'uomo andava ogni anno dalla sua città per
prostrarsi e sacrificare al Signore degli eserciti in Silo, dove stavano
i due figli di Eli, Cofni e Pìncas, sacerdoti del Signore.

Un giorno Elkana offrì il sacrificio. Ora egli aveva
l'abitudine di dare alla moglie Peninna e a tutti i figli e le figlie di
lei le loro parti. Ad Anna invece dava una parte sola; ma
egli amava Anna, sebbene il Signore ne avesse reso sterile il grembo. La
sua rivale per giunta l'affliggeva con durezza a causa della sua
umiliazione, perché il Signore aveva reso sterile il suo grembo. Così
succedeva ogni anno: tutte le volte che salivano alla casa del Signore,
quella la mortificava.
Anna dunque si mise a piangere e non voleva prendere cibo.
Elkana
suo marito le disse: "Anna, perché piangi? Perché non mangi?
Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci
figli?".
Anna, dopo aver mangiato in Silo e bevuto, si alzò e
andò a presentarsi al Signore. In quel momento il sacerdote Eli stava
sul sedile davanti a uno stipite del tempio del Signore. Essa
era afflitta e innalzò la preghiera al Signore, piangendo amaramente. Poi
fece questo voto: "Signore degli eserciti, se vorrai considerare la
miseria della tua schiava e ricordarti di me, se non dimenticherai la
tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò
al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà
sul suo capo".

Mentre essa prolungava la preghiera davanti al Signore,
Eli stava osservando la sua bocca. Anna pregava in cuor suo
e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva; perciò Eli
la ritenne ubriaca. Le disse Eli: "Fino a quando
rimarrai ubriaca? Lìberati dal vino che hai bevuto!". Anna
rispose: "No, mio signore, io sono una donna affranta e non ho
bevuto né vino né altra bevanda inebriante, ma sto solo sfogandomi
davanti al Signore. Non considerare la tua serva una donna
iniqua, poiché finora mi ha fatto parlare l'eccesso del mio dolore e
della mia amarezza". Allora Eli le rispose: "Va'
in pace e il Dio d'Israele ascolti la domanda che gli hai fatto". Essa
replicò: "Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi".
Poi la donna se ne andò per la sua via e il suo volto non fu più come
prima.
Il mattino dopo si alzarono e dopo essersi prostrati
davanti al Signore tornarono a casa in Rama. Elkana si unì a sua moglie
e il Signore si ricordò di lei. Così al finir dell'anno
Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele. "Perché -
diceva - dal Signore l'ho impetrato". Quando poi
Elkana andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno
al Signore e a soddisfare il voto, Anna non andò, perché
diceva al marito: "Non verrò, finché il bambino non sia divezzato
e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per
sempre". Le rispose Elkana suo marito: "Fa' pure
quanto ti sembra meglio; rimani finché tu l'abbia divezzato; soltanto
adempia il Signore la tua parola". La donna rimase e allattò il
figlio, finché l'ebbe divezzato. Dopo averlo divezzato,
andò con lui, portando un giovenco di tre anni, un'efa di farina
e un otre di vino e venne alla casa del Signore a Silo e il fanciullo
era con loro. Immolato il giovenco, presentarono il
fanciullo a Eli e Anna disse: "Ti prego, mio signore.
Per la tua vita, signor mio, io sono quella donna che era stata qui
presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho
pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò
anch'io lo dò in cambio al Signore: per tutti i giorni della sua vita
egli è ceduto al Signore". E si prostrarono là davanti al
Signore.
2
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Allora Anna pregò:
"Il mio cuore esulta nel Signore,
la mia fronte s'innalza grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici,
perché io godo del beneficio che mi hai concesso.
Non c'è santo come il Signore,
non c'è rocca come il nostro Dio.
Non moltiplicate i discorsi superbi,
dalla vostra bocca non esca arroganza;
perché il Signore è il Dio che sa tutto
e le sue opere sono rette.
L'arco dei forti s'è spezzato,
ma i deboli sono rivestiti di vigore.
I sazi sono andati a giornata per un pane,
mentre gli affamati han cessato di faticare.
La sterile ha partorito sette volte
e la ricca di figli è sfiorita.
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Il Signore fa morire e fa vivere,
scendere agli inferi e risalire.
Il Signore rende povero e arricchisce,
abbassa ed esalta.
Solleva dalla polvere il misero,
innalza il povero dalle immondizie,
per farli sedere insieme con i capi del popolo
e assegnar loro un seggio di gloria.
Perché al Signore appartengono i cardini della terra
e su di essi fa poggiare il mondo.
Sui passi dei giusti Egli veglia,
ma gli empi svaniscono nelle tenebre.
Certo non prevarrà l'uomo malgrado la sua forza.
Il Signore abbatterà i suoi avversari!
L'Altissimo tuonerà dal cielo.
Il Signore giudicherà gli estremi confini della terra;
darà forza al suo re
ed eleverà la potenza del suo Messia". |
Poi Elkana tornò a Rama, a casa sua, e il fanciullo
rimase a servire il Signore alla presenza del sacerdote Eli.

Ora i figli di Eli erano uomini depravati; non tenevano
in alcun conto il Signore, nè la retta condotta dei
sacerdoti verso il popolo. Quando uno si presentava a offrire il
sacrificio, veniva il servo del sacerdote mentre la carne cuoceva, con
in mano un forchettone a tre denti, e lo introduceva nella
pentola o nella marmitta o nel tegame o nella caldaia e tutto ciò che
il forchettone tirava su il sacerdote lo teneva per sé. Così facevano
con tutti gli Israeliti che venivano là a Silo. Prima che
fosse bruciato il grasso, veniva ancora il servo del sacerdote e diceva
a chi offriva il sacrificio: "Dammi la carne da arrostire per il
sacerdote, perché non vuole avere da te carne cotta, ma cruda". Se
quegli rispondeva: "Si bruci prima il grasso, poi prenderai quanto
vorrai!", replicava: "No, me la devi dare ora, altrimenti la
prenderò con la forza". Così il peccato di quei
giovani era molto grande davanti al Signore perché disonoravano
l'offerta del Signore.
Samuele prestava servizio davanti al Signore per quanto
lo poteva un fanciullo e andava cinto di efod di lino.

Sua
madre gli preparava una piccola veste e gliela portava ogni anno, quando
andava con il marito a offrire il sacrificio annuale. Eli
allora benediceva Elkana e sua moglie ed esclamava: "Ti conceda il
Signore altra prole da questa donna per il prestito che essa ha fatto al
Signore". Essi tornarono a casa e il Signore visitò
Anna, che partorì ancora tre figli e due figlie. Frattanto il fanciullo
Samuele cresceva presso il Signore.
Eli era molto vecchio e gli veniva all'orecchio quanto i
suoi figli facevano a tutto Israele e come essi si univano alle donne
che prestavano servizio all'ingresso della tenda del convegno. Perciò
disse loro: "Perché dunque fate tali cose? Io sento infatti da
parte di tutto il popolo le vostre azioni empie! No, figli,
non è bene ciò che io odo di voi, che cioè sviate il popolo del
Signore.
Se un uomo pecca contro un altro uomo,
Dio potrà intervenire in suo favore,
ma se l'uomo pecca contro il Signore,
chi potrà intercedere per lui?".
Ma non ascoltarono la voce del padre, perché il Signore aveva deciso
di farli morire. Invece il giovane Samuele andava crescendo
in statura e in bontà davanti al Signore e agli uomini.
Un giorno venne un uomo di Dio da Eli e gli disse:
"Così dice il Signore: Non mi sono forse rivelato alla casa di tuo
padre, mentre erano in Egitto, in casa del faraone? Non
l'ho scelto da tutte le tribù d'Israele come mio sacerdote, perché
salga l'altare, bruci l'incenso e porti l'efod davanti a me? Alla
casa di tuo padre ho anche assegnato tutti i sacrifici consumati dal
fuoco, offerti dagli Israeliti. Perché dunque avete
calpestato i miei sacrifici e le mie offerte che io ho ordinato per
sempre e tu hai avuto maggior riguardo ai tuoi figli che a me e vi siete
pasciuti in tal modo con le primizie di ogni offerta di Israele mio
popolo? Ecco dunque l'oracolo del Signore, Dio d'Israele:
Avevo promesso alla tua casa e alla casa di tuo padre che avrebbero
sempre camminato alla mia presenza. Ma ora - oracolo del Signore - non
sia mai! Perché chi mi onorerà anch'io l'onorerò, chi mi disprezzerà
sarà oggetto di disprezzo. Ecco verranno giorni in cui io
taglierò via il tuo braccio e il braccio della casa di tuo padre, sì
che non vi sia più un anziano nella tua casa. Guarderai
sempre angustiato tutto il bene che farò a Israele, mentre non si
troverà mai più un anziano nella tua casa. Qualcuno dei
tuoi tuttavia non lo strapperò dal mio altare, perché ti si consumino
gli occhi e si strazi il tuo animo: ma chiunque sarà nato dalla tua
famiglia morirà per la spada degli uomini. Sarà per te un
segno quello che avverrà ai tuoi due figli, a Cofni e Pìncas: nello
stesso giorno moriranno tutti e due. Dopo, farò sorgere al
mio servizio un sacerdote fedele che agirà secondo il mio cuore e il
mio desiderio. Io gli darò una casa stabile e camminerà alla mia
presenza, come mio consacrato per sempre. Chiunque sarà
superstite nella tua casa, andrà a prostrarsi davanti a lui per una
monetina d'argento e per un pezzo di pane e dirà: Ammettimi a qualunque
ufficio sacerdotale, perché possa mangiare un tozzo di pane".

3

Il giovane Samuele continuava a servire il Signore sotto
la guida di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le
visioni non erano frequenti. In quel tempo Eli stava
riposando in casa, perché i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non
riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora
spenta e Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava
l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò:
"Samuele!" e quegli rispose: "Eccomi", poi
corse da Eli e gli disse: "Mi hai chiamato, eccomi!". Egli
rispose: "Non ti ho chiamato, torna a dormire!". Tornò e si
mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo:
"Samuele!" e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: "Mi
hai chiamato, eccomi!". Ma quegli rispose di nuovo: "Non ti ho
chiamato, figlio mio, torna a dormire!". In realtà
Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era
stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore
tornò a chiamare: "Samuele!" per la terza volta; questi si
alzò ancora e corse da Eli dicendo: "Mi hai chiamato,
eccomi!". Allora Eli comprese che il Signore chiamava il
giovinetto. Eli disse a Samuele: "Vattene a dormire e,
se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo
ti ascolta". Samuele andò a coricarsi al suo posto.
Venne
il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le
altre volte: "Samuele, Samuele!". Samuele rispose subito:
"Parla, perché il tuo servo ti ascolta". Allora
il Signore disse a Samuele: "Ecco io sto per fare in Israele una
cosa tale che chiunque udirà ne avrà storditi gli orecchi. In
quel giorno attuerò contro Eli quanto ho pronunziato riguardo alla sua
casa, da cima a fondo. Gli ho annunziato che io avrei fatto
vendetta della casa di lui per sempre, perché sapeva che i suoi figli
disonoravano Dio e non li ha puniti. Per questo io giuro
contro la casa di Eli: non sarà mai espiata l'iniquità della casa di
Eli né con i sacrifici né con le offerte!".

Samuele
si coricò fino al mattino, poi aprì i battenti della casa del Signore.
Samuele però non osava manifestare la visione a Eli. Eli
chiamò Samuele e gli disse: "Samuele, figlio mio". Rispose:
"Eccomi". Proseguì: "Che discorso ti ha
fatto? Non tenermi nascosto nulla. Così Dio agisca con te e anche
peggio, se mi nasconderai una sola parola di quanto ti ha detto". Allora
Samuele gli svelò tutto e non tenne nascosto nulla. Eli disse:
"Egli è il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene".
Samuele acquistò autorità poiché il Signore era con
lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò
tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato
costituito profeta del Signore. In seguito il Signore si
mostrò altre volte a Samuele, dopo che si era rivelato a Samuele in
Silo, e la parola di Samuele giunse a tutto
Israele come parola del Signore.
4

La parola di Samuele fu rivolta a tutto
Israele. In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro
Israele. Allora Israele scese in campo a dar battaglia ai Filistei. Essi
si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s'erano accampati in
Afèk. I Filistei si schierarono per attaccare Israele e la
battaglia divampò, ma Israele ebbe la peggio di fronte ai Filistei e
caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini.

Quando il popolo fu rientrato nell'accampamento, gli
anziani d'Israele si chiesero: "Perché ci ha percossi oggi il
Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l'arca del Signore a
Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri
nemici". Il popolo mandò subito a Silo a prelevare
l'arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini: c'erano con
l'arca di Dio i due figli di Eli, Cofni e Pìncas. Non
appena l'arca del Signore giunse all'accampamento, gli Israeliti
elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra. Anche
i Filistei udirono l'eco di quell'urlo e dissero: "Che significa il
risuonare di quest'urlo così forte nell'accampamento degli
Ebrei?". Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo
l'arca del Signore. I Filistei ne ebbero timore e si
dicevano: "È venuto il loro Dio nel loro campo!", ed
esclamavano: "Guai a noi, perché non è stato così né ieri né
prima. Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste
divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga
l'Egitto nel deserto. Risvegliate il coraggio e siate
uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi
sono stati vostri schiavi. Siate uomini dunque e combattete!". Quindi
i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fu
costretto a fuggire nella sua tenda. La strage fu molto grande: dalla
parte d'Israele caddero tremila fanti. In più l'arca di
Dio fu presa e i due figli di Eli, Cofni e Pìncas, morirono.

Uno della tribù di Beniamino fuggì dalle file e venne
a Silo il giorno stesso, con le vesti stracciate e polvere sul capo. Mentre
giungeva, ecco Eli stava sul sedile presso la porta e scrutava la strada
di Mizpa, perché aveva il cuore in ansia per l'arca di Dio. Venne
dunque l'uomo e diede l'annuncio in città e tutta la città alzò
lamenti. Eli, sentendo il rumore delle grida, si chiese:
"Che sarà questo grido di tumulto?". Intanto l'uomo si
avanzò in gran fretta e narrò a Eli ogni cosa. Eli era
vecchio di novantotto anni, aveva gli occhi rigidi e non poteva più
vedere. Disse dunque quell'uomo a Eli: "Sono giunto
dal campo. Sono fuggito oggi dalle schiere dei combattenti". Eli
domandò: "Che è dunque accaduto, figlio mio?". Rispose
il messaggero: "Israele è fuggito davanti ai Filistei e nel popolo
v'è stata grande strage; inoltre i tuoi due figli Cofni e Pìncas sono
morti e l'arca di Dio è stata presa!". Appena ebbe
accennato all'arca di Dio, Eli cadde all'indietro dal sedile sul lato
della porta, battè la nuca e morì, perché era vecchio e pesante. Egli
aveva giudicato Israele per quarant'anni.
La nuora di lui, moglie di Pìncas, incinta e prossima
al parto, quando sentì la notizia che era stata presa l'arca di Dio e
che erano morti il suocero e il marito, s'accosciò e partorì, colta
dalle doglie. Mentre era sul punto di morire, le dicevano
quelle che le stavano attorno: "Non temere, hai partorito un
figlio". Ma essa non rispose e non ne fece caso. Ma
chiamò il bambino Icabod, cioè: "Se n'è andata lungi da Israele
la gloria!" riferendosi alla cattura dell'arca di Dio e al suocero
e al marito. La donna disse: "Se n'è andata lungi da
Israele la gloria", perché era stata presa l'arca di Dio.
5

I Filistei, catturata l'arca di Dio, la portarono da
Eben-Ezer ad Asdod. I Filistei poi presero l'arca di Dio e
la introdussero nel tempio di Dagon. Il giorno dopo i
cittadini di Asdod si alzarono ed ecco Dagon giaceva con la faccia a
terra davanti all'arca del Signore; essi presero Dagon e lo rimisero al
suo posto. Si alzarono il giorno dopo di buon mattino ed
ecco Dagon con la faccia a terra davanti all'arca del Signore, mentre il
capo di Dagon e le palme delle mani giacevano staccate sulla soglia;
solo il tronco era rimasto a Dagon. A ricordo di ciò i
sacerdoti di Dagon e quanti entrano nel tempio di Dagon in Asdod non
calpestano la soglia fino ad oggi. Allora incominciò a
pesare la mano del Signore sugli abitanti di Asdod, li devastò e li
colpì con bubboni, Asdod e il suo territorio. I cittadini
di Asdod, vedendo che le cose

si mettevano in tal modo, dissero:
"Non rimanga con noi l'arca del Dio d'Israele, perché la sua mano
è troppo dura contro Dagon nostro dio!". Allora, fatti
radunare presso di loro tutti i principi dei Filistei, dissero:
"Che cosa si deve fare dell'arca del Dio d'Israele?". Dissero:
"Si porti a Gat l'arca del Dio d'Israele". E portarono a Gat
l'arca del Dio d'Israele. Ma ecco, dopo che l'ebbero
trasportata, la mano del Signore si fece sentire sulla città con
terrore molto grande, colpendo gli abitanti della città dal più
piccolo al più grande e provocando loro bubboni. Allora
mandarono l'arca di Dio ad Ekron; ma all'arrivo dell'arca di Dio ad
Ekron, i cittadini protestarono: "Mi hanno portato qui l'arca del
Dio d'Israele, per far morire me e il mio popolo!". Fatti
perciò radunare tutti i capi dei Filistei, dissero: "Mandate via
l'arca del Dio d'Israele!". Infatti si era diffuso un terrore
mortale in tutta la città, perché la mano di Dio era molto pesante. Quelli
che non morivano erano colpiti da bubboni e i lamenti della città
salivano al cielo.
6

Rimase l'arca del Signore nel territorio dei Filistei
sette mesi. Poi i Filistei convocarono i sacerdoti e gli
indovini e dissero: "Che dobbiamo fare dell'arca del Signore?
Indicateci il modo di rimandarla alla sua sede". Risposero:
"Se intendete rimandare l'arca del Dio d'Israele, non rimandatela
vuota, ma pagate un tributo in ammenda della vostra colpa. Allora
guarirete e vi sarà noto perché non si è ritirata da voi la sua
mano". Chiesero: "Quale riparazione dobbiamo
pagarle?". Risposero: "Secondo il numero dei capi dei
Filistei, cinque bubboni d'oro e cinque topi d'oro, perché unico è
stato il flagello per tutto il popolo e per i vostri capi. Fate
dunque immagini dei vostri bubboni e immagini dei vostri topi che
infestano la terra e datele in omaggio al Dio d'Israele, sperando che
sia tolto il peso della sua mano da voi, dal vostro dio e dal vostro
paese. Perché ostinarvi come si sono ostinati gli Egiziani
e il faraone? Dopo essere stati colpiti dai flagelli, non li lasciarono
forse andare, cosicché essi partirono? Dunque fate un carro
nuovo, poi prendete due vacche allattanti sulle quali non sia mai stato
posto il giogo e attaccate queste vacche al carro, togliendo loro i
vitelli e riconducendoli alla stalla. Quindi prendete l'arca
del Signore, collocatela sul carro e ponete gli oggetti d'oro che dovete
pagarle in riparazione in una cesta appesa di fianco. Poi fatela partire
e lasciate che se ne vada. E state a vedere: se salirà a
Bet-Sèmes per la via che porta al suo territorio, essa ci ha provocato
tutti questi mali così grandi; se no, sapremo che non ci ha colpiti la
sua mano, ma per puro caso abbiamo avuto questo incidente". Quegli
uomini fecero in tal modo. Presero due vacche allattanti, le attaccarono
al carro e chiusero nella stalla i loro vitelli. Quindi
collocarono l'arca del Signore sul carro con la cesta e i topi d'oro e
le immagini dei bubboni. Le vacche andarono diritte per la
strada di Bet-Sèmes percorrendo sicure una sola via e muggendo
continuamente, ma non piegando né a destra né a sinistra. I capi dei
Filistei le seguirono sino al confine con Bet-Sèmes.

Gli abitanti di Bet-Sèmes stavano facendo la mietitura
del grano nella pianura. Alzando gli occhi, scorsero l'arca ed
esultarono a quella vista. Il carro giunse al campo di
Giosuè di Bet-Sèmes e si fermò là dove era una grossa pietra. Allora
fecero a pezzi i legni del carro e offrirono le vacche in olocausto al
Signore. I leviti avevano tolto l'arca del Signore e la
cesta che vi era appesa, nella quale stavano gli oggetti d'oro, e
l'avevano posta sulla grossa pietra. In quel giorno gli uomini di
Bet-Sèmes offrirono olocausti e immolarono vittime al Signore. I
cinque capi dei Filistei stettero ad osservare, poi tornarono il giorno
stesso ad Ekron. Sono questi i bubboni d'oro che i Filistei
pagarono in ammenda al Signore: uno per Asdod, uno per Gaza, uno per
Ascalon, uno per Gat, uno per Ekron. Invece i topi d'oro
erano pari al numero delle città filistee appartenenti ai cinque capi,
dalle fortezze sino ai villaggi di campagna. A testimonianza di tutto
ciò rimane oggi nel campo di Giosuè a Bet-Sèmes la grossa pietra,
sulla quale avevano deposto l'arca del Signore.
Ma il Signore percosse gli uomini di
Bet-Sèmes, perché
avevano guardato l'arca del Signore; colpì nel popolo settanta persone
su cinquantamila e il popolo fu in lutto perché il Signore aveva
inflitto alla loro gente questo grave castigo. Gli uomini di Bet-Sèmes allora esclamarono: "Chi
mai potrà stare alla presenza del Signore, questo Dio così santo? La
manderemo via da noi; ma da chi?". Perciò inviarono
messaggeri agli abitanti di Kiriat-Iearìm con questa ambasciata:
"I Filistei hanno ricondotto l'arca del Signore. Scendete e
portatela presso di voi".
7

Gli abitanti di Kiriat-Iearìm scesero a prendere l'arca
del Signore e la introdussero nella casa di Abinadàb, sulla collina;
consacrarono suo figlio Eleazaro perché custodisse l'arca del Signore.
Erano trascorsi molti giorni da quando era stata
collocata l'arca a Kiriat-Iearìm, erano passati venti anni, quando
tutta la casa d'Israele alzò grida di lamento verso il Signore. Allora
Samuele si rivolse a tutta la casa d'Israele dicendo: "Se è
proprio di tutto cuore che voi tornate al Signore, eliminate da voi
tutti gli dèi stranieri e le Astàrti; fate in modo che il vostro cuore
sia indirizzato al Signore e servite lui, lui solo, ed egli vi libererà
dalla mano dei Filistei". Subito gli Israeliti
eliminarono i Baal e le Astàrti e servirono solo il Signore. Disse
poi Samuele: "Radunate tutto Israele a Mizpa, perché voglio
pregare il Signore per voi". Si radunarono pertanto in
Mizpa, attinsero acqua, la sparsero davanti al Signore e digiunarono in
quel giorno, dicendo: "Abbiamo peccato contro il Signore!". A
Mizpa Samuele fu giudice degli Israeliti. Udirono anche i
Filistei che gli Israeliti si erano radunati a Mizpa e i capi filistei
mossero contro Israele. Quando gli Israeliti lo seppero, ebbero paura
dei Filistei. Dissero allora gli Israeliti a Samuele:
"Non cessar di supplicare per noi il Signore Dio nostro perché ci
liberi dalle mani dei Filistei". Samuele prese un
agnello da latte e lo offrì tutto intero in olocausto al Signore; lo
stesso Samuele alzò grida al Signore per Israele e il Signore lo
esaudì.

Mentre Samuele offriva l'olocausto, i Filistei si
accostarono in ordine di battaglia a Israele; ma in quel giorno il
Signore tuonò con voce potente contro i Filistei, li disperse ed essi
furono sconfitti davanti a Israele. Gli Israeliti uscirono
da Mizpa per inseguire i Filistei e li batterono fin sotto Bet-Car. Samuele
prese allora una pietra e la pose tra Mizpa e Iesana e la chiamò
Eben-Ezer, dicendo: "Fin qui ci ha soccorso il Signore". Così
i Filistei furono umiliati e non invasero più il territorio d'Israele:
la mano del Signore fu contro i Filistei per tutto il periodo di
Samuele. Tornarono anche in possesso d'Israele le città
che i Filistei avevano sottratto agli Israeliti, da Ekron a Gat: Israele
liberò il loro territorio dal dominio dei Filistei. Ci fu anche pace
tra Israele e l'Amorreo.
Samuele fu giudice d'Israele per tutto il tempo della
sua vita. Ogni anno egli compiva il giro di Bètel,
Gàlgala e Mizpa, esercitando l'ufficio di giudice d'Israele in tutte
queste località. Poi ritornava a Rama, perché là era la
sua casa e anche là giudicava Israele. In quel luogo costruì anche un
altare al Signore.
Saul
8
 Quando Samuele fu vecchio, stabilì giudici di Israele i
suoi figli. Il primogenito si chiamava Ioèl, il
secondogenito Abià; erano giudici a Bersabea.Essi però non
percorrevano le sue orme, perché andavano dietro al guadagno, accettavano regali e
falsavano il giudizio. Si
radunarono allora tutti gli anziani d'Israele e andarono da Samuele a
Rama. Gli dissero: "Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli
non ricalcano le tue orme. Ora stabilisci per noi un re che ci governi,
come avviene per tutti i popoli".
Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta perché
avevano detto: "Dacci un re che ci governi". Perciò Samuele
pregò il Signore. Il Signore rispose a Samuele:
"Ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché costoro
non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più
su di essi. Come si sono comportati dal giorno in cui li ho
fatti uscire dall'Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri
dèi, così intendono fare a te. Ascolta pure la loro
richiesta, però annunzia loro chiaramente le pretese del re che
regnerà su di loro".

Samuele riferì tutte le parole del Signore al popolo
che gli aveva chiesto un re. Disse loro: "Queste
saranno le pretese del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri
figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre
davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di
cinquantine; li costringerà ad arare i suoi campi, a mietere le sue
messi, ad apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i
suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue
profumiere e cuoche e fornaie. Si farà consegnare ancora i
vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li
regalerà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle
vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi consiglieri e ai
suoi ministri. Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i
vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi
lavori. Metterà la decima sui vostri greggi e voi stessi
diventerete suoi schiavi. Allora griderete a causa del re
che avrete voluto eleggere, ma il Signore non vi ascolterà". Il
popolo non diede retta a Samuele e rifiutò di ascoltare la sua voce, ma
gridò: "No, ci sia un re su di noi. Saremo anche noi
come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla
nostra testa e combatterà le nostre battaglie". Samuele
ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all'orecchio del
Signore. Rispose il Signore a Samuele: "Ascoltali;
regni pure un re su di loro". Samuele disse agli Israeliti:
"Ciascuno torni alla sua città!".
9
C'era un uomo di Beniamino, chiamato Kis - figlio di
Abièl, figlio di Zeròr, figlio di Becoràt, figlio di Afìach, figlio
di un Beniaminita -, un prode. Costui aveva un figlio
chiamato Saul, alto e bello: non c'era nessuno più bello di lui tra gli
Israeliti; superava dalla spalla in su chiunque altro del popolo. Ora
le asine di Kis, padre di Saul, si smarrirono e Kis disse al figlio
Saul: "Su, prendi con te uno dei servi e parti subito in cerca
delle asine". I due attraversarono le montagne di
Efraim, passarono al paese di Salisa, ma non le trovarono. Si recarono
allora nel paese di Saàlim, ma non c'erano; poi percorsero il
territorio di Beniamino e anche qui non le trovarono. Quando
arrivarono nel paese di Zuf, Saul disse al compagno che era con lui:
"Su, torniamo indietro, perché non vorrei che mio padre avesse
smesso di pensare alle asine e ora fosse preoccupato di noi".

Gli rispose: "Ecco in questa città c'è un uomo di
Dio, tenuto in molta considerazione: quanto egli dice, di certo si
avvera. Ebbene, andiamoci! Forse ci indicherà la via che dobbiamo
battere". Rispose Saul: "Sì, andiamo! Ma che
daremo a quell'uomo? Il pane nelle nostre sporte è finito e non abbiamo
alcun dono da portare all'uomo di Dio; infatti che abbiamo?". Ma
il servo rispondendo a Saul soggiunse: "Guarda: mi son trovato in
mano un quarto di siclo d'argento. Dallo all'uomo di Dio e ci indicherà
la nostra via". In passato in Israele, quando uno
andava a consultare Dio, diceva: "Su, andiamo dal veggente",
perché quello che oggi si dice profeta allora si diceva veggente. Disse
dunque Saul al servo: "Hai detto bene; su, andiamo" e si
diressero alla città dove era l'uomo di Dio.
Mentre essi salivano il pendio della città, trovarono
ragazze che uscivano ad attingere acqua e chiesero loro: "È qui il
veggente?". Quelle risposero dicendo: "Sì, c'è;
ecco, vi ha preceduto di poco: ora, proprio ora è rientrato in città,
perché oggi il popolo celebra un sacrificio sull'altura. Entrando
in città lo troverete subito, prima che salga all'altura per il
banchetto, perché il popolo non si mette a mangiare, finché egli non
sia arrivato; egli infatti deve benedire la vittima, e dopo gli invitati
mangiano. Presto, salite e lo troverete subito". Salirono
dunque alla città. Mentre essi giungevano in mezzo alla porta, ecco,
Samuele usciva in direzione opposta per salire all'altura. Il
Signore aveva detto all'orecchio di Samuele, un giorno prima che
giungesse Saul: "Domani a quest'ora ti manderò un
uomo della terra di Beniamino e tu lo ungerai come capo del mio popolo
Israele.

Egli libererà il mio popolo dalle mani dei Filistei, perché
io ho guardato il mio popolo, essendo giunto fino a me il suo
grido". Quando Samuele vide Saul, il Signore gli
rivelò: "Ecco l'uomo di cui ti ho parlato; costui avrà potere sul
mio popolo". Saul si accostò a Samuele in mezzo alla
porta e gli chiese: "Vuoi indicarmi la casa del veggente?". Samuele
rispose a Saul: "Sono io il veggente. Precedimi su all'altura. Oggi
voi due mangerete con me. Ti congederò domani mattina e ti manifesterò
quanto pensi; riguardo poi alle tue asine smarrite tre
giorni fa, non stare in pensiero, perché sono state ritrovate. A chi
del resto appartiene il meglio d'Israele, se non a te e a tutta la casa
di tuo padre?". Rispose Saul: "Non sono io forse
un Beniaminita, della più piccola tribù d'Israele? E la mia famiglia
non è forse la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di
Beniamino? Perché hai voluto farmi questo discorso?". Ma
Samuele prese Saul e il suo servo e li fece entrare nella sala e
assegnò loro il posto a capo degli invitati che erano una trentina. Quindi
Samuele disse al cuoco: "Portami la porzione che ti avevo dato
dicendoti: Conservala presso di te". Il cuoco portò
la coscia e la coda e le pose davanti a Saul, mentre Saul diceva:
"Ecco, ciò che è avanzato ti è posto davanti, mangia, perché
proprio per te è stato serbato, perché lo mangiassi con gli
invitati".

Così quel giorno Saul mangiò con Samuele. Scesero poi dall'altura in città; fu allestito un
giaciglio per Saul sulla terrazza ed egli vi si coricò. Al sorgere dell'aurora Samuele chiamò Saul che era sulla terrazza,
dicendo: "Alzati, perché devo congedarti". Saul si alzò e i
due, cioè lui e Samuele, uscirono. Quando furono scesi
alla periferia della città, Samuele disse a Saul: "Ordina al servo
che ci oltrepassi e vada avanti" e il servo passò oltre. "Tu
fermati un momento, perché io ti faccia intendere la parola di
Dio".
10

Samuele prese allora l'ampolla dell'olio e gliela versò
sulla testa, poi lo baciò dicendo: "Ecco: il Signore ti ha unto
capo sopra Israele suo popolo. Tu avrai potere sul popolo del Signore e
tu lo libererai dalle mani dei nemici che gli stanno intorno. Questo ti
sarà il segno che proprio il Signore ti ha unto capo sulla sua casa: oggi,
quando sarai partito da me, troverai due uomini presso il sepolcro di
Rachele sul confine con Beniamino in Zelzach. Essi ti diranno: Sono
state ritrovate le asine che sei andato a cercare. Ecco tuo padre non
bada più alla faccenda delle asine, ma è preoccupato di voi e va
dicendo: Che devo fare per mio figlio? Passerai in fretta di
là e andrai oltre; quando arriverai alla quercia del Tabor, vi
troverete tre uomini in viaggio per salire a Dio in Betel: uno porterà
tre capretti, l'altro porterà tre pani rotondi, il terzo porterà un
otre di vino. Ti domanderanno se stai bene e ti daranno due
pani, che tu prenderai dalle loro mani. Giungerai poi a
Gàbaa di Dio, dove c'è una guarnigione di Filistei e mentre entrerai
in città, incontrerai un gruppo di profeti che scenderanno dall'altura
preceduti da arpe, timpani, flauti e cetre, in atto di fare i profeti. Lo
spirito del Signore investirà anche te e ti metterai a fare il profeta
insieme con loro e sarai trasformato in un altro uomo. Quando
questi segni che ti riguardano saranno accaduti, farai come vorrai,
perché Dio sarà con te. Tu poi scenderai a Gàlgala
precedendomi. Io scenderò in seguito presso di te per offrire olocausti
e immolare sacrifici di comunione. Sette giorni aspetterai, finché io
verrò a te e ti indicherò quello che dovrai fare".

Ed ecco, quando quegli ebbe voltato le spalle per partire
da Samuele, Dio gli mutò il cuore e tutti questi segni si verificarono
il giorno stesso. I due arrivarono là a Gàbaa ed ecco,
mentre una schiera di profeti avanzava di fronte a loro, lo spirito di
Dio lo investì e si mise a fare il profeta in mezzo a loro.
Allora quanti lo avevano conosciuto prima, vedendolo
d'un tratto fare il profeta con i profeti, si dissero l'un l'altro fra
la gente: "Che è accaduto al figlio di Kis? È dunque anche Saul
tra i profeti?". Uno del luogo disse: "E chi è
il loro padre?". Per questo passò in proverbio l'espressione:
"È dunque anche Saul tra i profeti?". Quando
ebbe terminato di profetare andò sull'altura. Lo zio di
Saul chiese poi a lui e al suo servo: "Dove siete andati?".
Rispose: "A cercare le asine e, vedendo che non c'erano, ci siamo
recati da Samuele". Lo zio di Saul soggiunse:
"Suvvia, raccontami quello che vi ha detto Samuele". Saul
rispose allo zio: "Ci ha assicurato che le asine erano state
ritrovate". Ma non gli riferì il discorso del regno, che gli aveva
tenuto Samuele.
Samuele radunò il popolo davanti a Dio in Mizpa
e
disse a tutti gli Israeliti: "Dice il Signore Dio d'Israele: Io ho
fatto uscire Israele dall'Egitto e l'ho liberato dalla mano degli
Egiziani e dalla mano di tutti i regni che vi opprimevano. Ma
voi oggi avete ripudiato il vostro Dio, il quale solo vi salva da tutti
i vostri mali e da tutte le angosce. E avete detto: No, costituisci un
re sopra di noi! Ora presentatevi a Dio distinti per tribù e per
famiglie". Samuele fece accostare ogni tribù
d'Israele e fu sorteggiata la tribù di Beniamino. Fece poi
accostare la tribù di Beniamino distinta per famiglie e fu sorteggiata
la famiglia di Matri. Fece allora venire la famiglia di Matri per
singoli individui e fu sorteggiato Saul figlio di Kis. Si misero a
cercarlo ma non si riuscì a trovarlo. Allora consultarono
di nuovo il Signore: "È venuto qui l'uomo o no?". Rispose il
Signore: "Eccolo nascosto in mezzo ai bagagli". Corsero
a prenderlo di là e fu presentato al popolo: egli sopravanzava dalla
spalla in su tutto il popolo. Samuele disse a tutta la
folla: "Vedete dunque che l'ha proprio eletto il Signore, perché
non c'è nessuno in tutto il popolo come lui". Tutto il popolo
proruppe in un grido: "Viva il re!". Samuele
espose a tutto il popolo i diritti del regno e li scrisse in un libro
che depositò davanti al Signore. Poi Samuele congedò tutto il popolo
perché andasse ognuno a casa sua. Anche Saul tornò a casa
in Gàbaa e con lui si accompagnarono uomini valenti ai quali Dio aveva
toccato il cuore. Ma altri, individui spregevoli, dissero:
"Potrà forse salvarci costui?". Così lo disprezzarono e non
vollero portargli alcun dono.
11

Circa un mese dopo, Nacas l'Ammonita si mosse e pose il
campo contro Iabes di Gàlaad. Tutti i cittadini di Iabes di Gàlaad
dissero allora a Nacas: "Vieni a patti con noi e ti saremo
sudditi". Rispose loro Nacas l'Ammonita: "A queste
condizioni mi alleerò con voi: possa io cavare a tutti voi l'occhio
destro e porre tale gesto a sfregio di tutto Israele". Di
nuovo chiesero gli anziani di Iabes: "Lasciaci sette giorni per
inviare messaggeri in tutto il territorio d'Israele. Se nessuno verrà a
salvarci, usciremo incontro a te". I messaggeri
arrivarono a Gàbaa di Saul e riferirono quelle parole davanti al popolo
e tutto il popolo levò la voce e pianse. Or ecco Saul
veniva dalla campagna dietro l'armento. Chiese dunque Saul: "Che ha
il popolo da piangere?". Riferirono a lui le parole degli uomini di
Iabes. Lo spirito di Dio investì allora Saul ed egli,
appena udite quelle parole, si irritò molto. Poi prese un
paio di buoi, li fece a pezzi e ne inviò in tutto il territorio
d'Israele mediante messaggeri con questo proclama: "Se qualcuno non
uscirà dietro Saul e dietro Samuele, la stessa cosa avverrà dei suoi
buoi". Si sparse lo spavento del Signore nel popolo e si mossero
come un sol uomo. Saul li passò in rassegna a Bèzek e
risultarono trecentomila Israeliti e trentamila di Giuda. Dissero
allora ai messaggeri che erano giunti: "Direte ai cittadini di
Iabes di Gàlaad: Domani, quando il sole comincerà a scaldare, avverrà
la vostra salvezza".
I messaggeri partirono e riferirono agli uomini di
Iabes, che ne
ebbero grande gioia. Allora gli uomini di Iabes diedero
risposta a Nacas: "Domani usciremo incontro a voi e ci farete
quanto sembrerà bene ai vostri occhi". Il giorno dopo
Saul divise il grosso in tre schiere e irruppe in mezzo al campo nemico
sul far del mattino; batterono gli Ammoniti finché il giorno si fece
caldo. Quelli che scamparono furono dispersi talmente che non ne
rimasero due insieme. Il popolo allora disse a Samuele: "Chi ha detto:
Dovrà forse regnare Saul su di noi? Consegnaci costoro e li faremo
morire". Ma Saul disse: "Oggi non si deve far
morire nessuno, perché in questo giorno il Signore ha operato una
liberazione in Israele". Samuele ordinò al popolo:
"Su, andiamo a Gàlgala: là inaugureremo il regno". Tutto
il popolo si portò a Gàlgala e là davanti al Signore in Gàlgala
riconobbero Saul come re; qui ancora offrirono sacrifici di comunione
davanti al Signore e qui fecero grande festa Saul e tutti gli Israeliti.
12

Allora Samuele disse a tutto Israele: "Ecco ho
ascoltato la vostra voce in tutto quello che mi avete chiesto e ho
costituito su di voi un re. Da questo momento ecco il re
procede davanti a voi. Quanto a me sono diventato vecchio e canuto e i
miei figli eccoli tra di voi. Io ho vissuto dalla mia giovinezza fino ad
oggi sotto i vostri occhi. Eccomi, pronunciatevi a mio
riguardo alla presenza del Signore e del suo consacrato. A chi ho
portato via il bue? A chi ho portato via l'asino? Chi ho trattato con
prepotenza? A chi ho fatto offesa? Da chi ho accettato un regalo per
chiudere gli occhi a suo riguardo? Sono qui a restituire!". Risposero:
"Non ci hai trattato con prepotenza, né ci hai fatto offesa, né
hai preso nulla da nessuno". Egli soggiunse loro:
"È testimonio il Signore contro di voi ed è testimonio oggi il
suo consacrato, che non trovate niente in mano mia?". Risposero:
"Sì, è testimonio".
Allora Samuele disse al popolo: "È testimonio il
Signore che ha stabilito Mosè e Aronne e che ha fatto uscire i vostri
padri dal paese d'Egitto.
Ora state qui raccolti e io voglio discutere con voi
davanti al Signore a causa di tutti i benefici che il Signore ha operato
con voi e con i vostri padri. Quando Giacobbe andò in
Egitto e gli Egiziani li oppressero e i vostri padri gridarono al
Signore, il Signore mandò loro Mosè e Aronne che li fecero uscire
dall'Egitto e li ricondussero in questo luogo. Ma poiché
avevano dimenticato il Signore loro Dio, li abbandonò in potere di
Sisara, capo dell'esercito di Cazor e in potere dei Filistei e in potere
del re di Moab, che mossero loro guerra. Essi gridarono al
Signore: Abbiamo peccato, perché abbiamo abbandonato il Signore e
abbiamo servito i Baal e le Astàrti! Ma ora liberaci dalle mani dei
nostri nemici e serviremo te. Allora il Signore vi mandò
Ierub-Baal e Barak e Iefte e Samuele e vi liberò dalle mani dei nemici
che vi circondavano e siete tornati a vita tranquilla. Eppure
quando avete visto che Nacas re degli Ammoniti muoveva contro di voi, mi
avete detto: No, vogliamo che un re regni sopra di noi, mentre il
Signore vostro Dio è vostro re. Ora eccovi il re che avete
scelto e che avevate chiesto. Vedete che il Signore ha costituito un re
sopra di voi. Dunque se temerete il Signore, se lo
servirete e ascolterete la sua voce e non sarete ribelli alla parola del
Signore, voi e il re che regna su di voi vivrete con il Signore vostro
Dio. Se invece non ascolterete la voce del Signore e sarete
ribelli alla sua parola, la mano del Signore peserà su di voi, come
pesò sui vostri padri.

Ora, state attenti e osservate questa grande cosa che il
Signore vuole operare sotto i vostri occhi. Non è forse
questo il tempo della mietitura del grano? Ma io griderò al Signore ed
Egli manderà tuoni e pioggia. Così vi persuaderete e constaterete che
grande è il peccato che avete fatto davanti al Signore chiedendo un re
per voi". Samuele allora invocò il Signore e il
Signore mandò subito tuoni e pioggia in quel giorno. Tutto il popolo fu
preso da grande timore del Signore e di Samuele. Tutto il
popolo perciò disse a Samuele: "Prega il Signore tuo Dio per noi
tuoi servi che non abbiamo a morire, poiché abbiamo aggiunto a tutti i
nostri errori il peccato di aver chiesto per noi un re". Samuele
rispose al popolo: "Non temete: voi avete fatto tutto questo male,
ma almeno in seguito non allontanatevi dal Signore, anzi servite lui, il
Signore, con tutto il cuore. Non allontanatevi per seguire
vanità che non possono giovare né salvare, perché appunto sono
vanità. Certo il Signore non abbandonerà il suo popolo,
per riguardo al suo nome che è grande, perché il Signore ha cominciato
a fare di voi il suo popolo. Quanto a me, non sia mai che
io pecchi contro il Signore, tralasciando di supplicare per voi e di
indicarvi la via buona e retta. Vogliate soltanto temere il
Signore e servirlo fedelmente con tutto il cuore, perché dovete ben
riconoscere le grandi cose che ha operato con voi. Se
invece vorrete fare il male, voi e il vostro re sarete spazzati
via".
13
Saul aveva trent'anni quando cominciò a regnare e regnò
vent'anni su Israele... Egli si scelse tremila uomini da
Israele: duemila stavano con Saul in Micmas e sul monte di Betel e mille
stavano con Giònata a Gàbaa di Beniamino; rimandò invece il resto del
popolo ciascuno alla sua tenda. Allora Giònata sconfisse la
guarigione dei Filistei che era in Gàbaa e i Filistei lo seppero
subito. Ma Saul suonò la tromba in tutta la regione gridando:
"Ascoltino gli Ebrei!". Tutto Israele udì e corse
la voce: "Saul ha battuto la guarnigione dei Filistei e ormai
Israele s'è urtato con i Filistei". Il popolo si radunò dietro
Saul a Gàlgala. Anche i Filistei si radunarono per
combattere Israele, con tremila carri e seimila cavalieri e una
moltitudine numerosa come la sabbia che è sulla spiagga del mare. Così
si mossero e posero il campo a Micmas a oriente di Bet-Aven. Quando
gli Israeliti si accorsero di essere in difficoltà, perché erano
stretti dal nemico, cominciarono a nascondersi in massa nelle grotte,
nelle macchie, fra le rocce, nelle fosse e nelle cisterne. Alcuni
Ebrei passarono oltre il Giordano nella terra di Gad e Gàlaad.

Saul restava in Gàlgala e tutto il popolo che stava con lui era
impaurito. Aspettò tuttavia sette giorni secondo il tempo
fissato da Samuele. Ma Samuele non arrivava a Gàlgala e il popolo si
disperdeva lontano da lui. Allora Saul diede ordine:
"Preparatemi l'olocausto e i sacrifici di comunione". Quindi
offrì l'olocausto. Ed ecco, appena ebbe finito di offrire
l'olocausto, giunse Samuele e Saul gli uscì incontro per salutarlo. Samuele
disse subito: "Che hai fatto?". Saul rispose: "Vedendo
che il popolo si disperdeva lontano da me e tu non venivi al termine dei
giorni fissati, mentre i Filistei si addensavano in Micmas, ho
detto: ora scenderanno i Filistei contro di me in Gàlgala mentre io non
ho ancora placato il Signore. Perciò mi sono fatto ardito e ho offerto
l'olocausto". Rispose Samuele a Saul: "Hai agito
da stolto, non osservando il comando che il Signore Dio tuo ti aveva
imposto, perché in questa occasione il Signore avrebbe reso stabile il
tuo regno su Israele per sempre. Ora invece il tuo regno
non durerà. Il Signore si è già scelto un uomo secondo il suo cuore e
lo costituirà capo del suo popolo, perché tu non hai osservato quanto
ti aveva comandato il Signore". Samuele poi si alzò e
salì da Gàlgala per andarsene per la sua strada. Il resto del popolo
salì dietro a Saul incontro ai guerrieri e vennero da Gàlgala a Gàbaa
di Beniamino; Saul contò la gente che era rimasta con lui: erano
seicento uomini.
Saul e Giònata e la gente rimasta con loro stavano a
Gàbaa di Beniamino e i Filistei erano accampati in Micmas. Dall'accampamento
filisteo uscì una pattuglia d'assalto divisa in tre schiere: una si
diresse sulla via di Ofra verso il paese di Suàl; un'altra
si diresse sulla via di Bet-Coron; la terza schiera si diresse sulla via
del confine che sovrasta la valle di Zeboìm verso il deserto. Allora
non si trovava un fabbro in tutto il paese d'Israele: "Perché -
dicevano i Filistei - gli Ebrei non fabbrichino spade o lance". Così
gli Israeliti dovevano sempre scendere dai Filistei per affilare chi il
vomere, chi la zappa, chi la scure o la falce. L'affilatura
costava due terzi di siclo per i vomeri e le zappe e un terzo
l'affilatura delle scuri e dei pungoli. Nel giorno della
battaglia, in tutta la gente che stava con Saul e Giònata, non si
trovò in mano ad alcuno né spada né lancia. Si potè averne solo per
Saul e suo figlio Giònata. Intanto una guarnigione di
Filistei era uscita verso il passo di Micmas.
14

Un giorno Giònata, figlio di Saul, disse al suo
scudiero: "Su vieni, portiamoci fino all'appostamento dei Filistei
che sta qui di fronte". Ma non disse nulla a suo padre. Saul
se ne stava al limitare di Gàbaa sotto il melograno che si trova in
Migròn; la sua gente era di circa seicento uomini. Achià
figlio di Achitùb, fratello di Icabòd, figlio di Pìncas, figlio di
Eli, sacerdote del Signore in Silo, portava l'efod e il popolo
non sapeva che Giònata era andato. Tra i varchi per i quali
Giònata cercava di passare, puntando sull'appostamento dei Filistei, vi
era una sporgenza rocciosa da una parte e una sporgenza rocciosa
dall'altra parte: una si chiamava Bòzez, l'altra Sène. Una
delle rocce sporgenti era di fronte a Micmas a settentrione, l'altra era
di fronte a Gàbaa a meridione. Giònata disse allo
scudiero: "Su, vieni, passiamo all'appostamento di questi non
circoncisi; forse il Signore ci aiuterà, perché non è difficile per
il Signore salvare con molti o con pochi". Lo scudiero
gli rispose: "Fa' quanto hai in animo. Avvìati e va'! Eccomi con
te: come il tuo cuore, così è il mio". Allora
Giònata disse: "Ecco, noi passeremo verso questi uomini e ci
mostreremo loro. Se ci diranno: Fermatevi finché veniamo a
raggiungervi, restiamo in basso e non saliamo da loro. Se
invece ci diranno: Venite su da noi!, saliamo, perché il Signore ce li
ha messi nelle mani e questo sarà per noi il segno". Quindi
i due si lasciarono scorgere dall'appostamento filisteo e i Filistei
dissero: "Ecco gli Ebrei che escono dalle caverne dove si erano
nascosti". Poi gli uomini della guarnigione dissero a
Giònata e al suo scudiero: "Salite da noi, che abbiamo qualche
cosa da dirvi!". Giònata allora disse al suo scudiero: "Sali
dopo di me, perché il Signore li ha messi nelle mani di Israele". Giònata
saliva aiutandosi con le mani e con i piedi e lo scudiero lo seguiva;
quelli cadevano davanti a Giònata e, dietro, lo scudiero li finiva. Questa
fu la prima strage nella quale Giònata e il suo scudiero colpirono una
ventina di uomini, entro quasi metà di un campo arabile.
Si sparse così il terrore nell'accampamento, nella
regione e in tutto il popolo. Anche la guarnigione e i suoi uomini
d'assalto furono atterriti e la terra tremò e ci fu un terrore divino.
Le vedette di Saul che stavano in Gàbaa di Beniamino
guardarono e videro la moltitudine che fuggiva qua e là. Allora
Saul ordinò alla gente che era con lui: "Su, cercate e indagate
chi sia partito da noi". Cercarono ed ecco non c'erano né Giònata
né il suo scudiero. Saul disse ad Achia: "Avvicina l'efod!"
- egli infatti allora portava l'efod davanti agli Israeliti -. Mentre
Saul parlava al sacerdote, il tumulto che era sorto nel campo filisteo
andava propagandosi e crescendo. Saul disse al sacerdote: "Ritira
la mano". A loro volta Saul e la gente che era con lui
alzarono grida e mossero all'attacco, ma ecco trovarono che la spada
dell'uno si rivolgeva contro l'altro in una confusione molto grande. Anche
quegli Ebrei che erano con i Filistei da qualche tempo e che erano
saliti con loro all'accampamento, si voltarono, per mettersi con Israele
che era là con Saul e Giònata. Inoltre anche tutti gli
Israeliti che si erano nascosti sulle montagne di Efraim, quando seppero
che i Filistei erano in fuga, si unirono a inseguirli e batterli. Così
il Signore in quel giorno salvò Israele e la battaglia si estese fino a
Bet-Aven.

Gli Israeliti erano sfiniti in quel giorno e Saul impose
questo giuramento a tutto il popolo: "Maledetto chiunque gusterà
cibo prima di sera, prima che io mi sia vendicato dei miei nemici".
E nessuno del popolo gustò cibo. Tutta la gente passò per
una selva dove c'erano favi di miele sul suolo. Il popolo
passò per la selva ed ecco si vedeva colare il miele, ma nessuno stese
la mano e la portò alla bocca, perché il popolo temeva il giuramento. Ma
Giònata non aveva saputo che suo padre aveva fatto giurare il popolo,
quindi allungò la punta del bastone che teneva in mano e la intinse nel
favo di miele, poi riportò la mano alla bocca e i suoi occhi si
rischiararono. Uno del gruppo s'affrettò a dire: "Tuo
padre ha fatto fare questo solenne giuramento al popolo: Maledetto
chiunque toccherà cibo quest'oggi!, sebbene il popolo fosse
sfinito". Rispose Giònata: "Mio padre vuol
rovinare il paese! Guardate come si sono rischiarati i miei occhi,
perché ho gustato un poco di questo miele. Dunque se il
popolo avesse mangiato oggi qualche cosa dei viveri presi ai nemici,
quanto maggiore sarebbe stata ora la rotta dei Filistei!".

In quel giorno percossero i Filistei da Micmas fino ad
Aialon e il popolo era sfinito. Quelli del popolo si
gettarono sulla preda e presero pecore, buoi e vitelli e li macellarono
e li mangiarono con il sangue. La cosa fu annunziata a
Saul: "Ecco il popolo pecca contro il Signore, mangiando con il
sangue". Rispose: "Avete prevaricato! Rotolate subito qui una
grande pietra". Allora Saul soggiunse: "Passate
tra il popolo e dite a tutti: Ognuno conduca qua il suo bue e il suo
montone e li macelli su questa pietra, poi mangiatene; così non
peccherete contro il Signore, mangiando le carni con il sangue". In
quella notte ogni uomo del popolo condusse a mano ciò che aveva e là
lo macellò. Saul innalzò un altare al Signore. Fu questo
il primo altare che egli edificò al Signore.
Quindi Saul disse: "Scendiamo dietro i Filistei
questa notte stessa e deprediamoli fino al mattino e non lasciamo
scampare uno solo di loro". Gli risposero: "Fa' quanto ti
sembra bene". Ma il sacerdote disse: "Accostiamoci qui a
Dio". Saul dunque interrogò Dio: "Devo scendere
dietro i Filistei? Li consegnerai in mano di Israele?". Ma quel
giorno non gli rispose. Allora Saul disse:
"Accostatevi qui voi tutti capi del popolo. Cercate ed esaminate da
chi sia stato commesso oggi il peccato, perché per la vita
del Signore salvatore d'Israele certamente costui morirà, anche se si
tratta di Giònata mio figlio". Ma nessuno del popolo gli rispose.

Perciò
disse a tutto Israele: "Voi state da una parte: io e mio figlio Giònata staremo dall'altra". Il popolo rispose a Saul: "Fa'
quanto ti sembra bene". Saul parlò al Signore:
"Dio d'Israele, fa' conoscere l'innocente". Furono designati
Giònata e Saul e il popolo restò libero. Saul soggiunse:
"Tirate a sorte tra me e mio figlio Giònata". Fu sorteggiato
Giònata. Saul disse a Giònata: "Narrami quello che
hai fatto". Giònata raccontò: "Realmente ho assaggiato un
po' di miele con la punta del bastone che avevo in mano. Ecco,
morirò". Saul disse: "Faccia Dio a me questo e
anche di peggio, se non andrai a morte, Giònata!". Ma
il popolo disse a Saul: "Dovrà forse morire Giònata che ha
ottenuto questa grande vittoria in Israele? Non sia mai! Per la vita del
Signore, non cadrà a terra un capello del suo capo, perché in questo
giorno egli ha agito con Dio". Così il popolo salvò Giònata che
non fu messo a morte. Saul cessò dall'inseguire i Filistei
e questi raggiunsero il loro paese. Saul si assicurò il regno su Israele e mosse contro
tutti i nemici all'intorno: contro Moab e gli Ammoniti, contro Edom e i
re di Zoba e i Filistei e dovunque si volgeva aveva successo. Compì
imprese brillanti, battè gli Amaleciti e liberò Israele dalle mani
degli oppressori. Figli di Saul furono Giònata, Isbàal e
Malkisùa; le sue due figlie si chiamavano Merab la maggiore e Mikal la
più piccola. La moglie di Saul si chiamava Achinòam,
figlia di Achimàaz. Il capo delle sue milizie si chiamava Abner figlio
di Ner, zio di Saul. Kis padre di Saul e Ner padre di Abner
erano figli di Abièl. Durante tutto il tempo di Saul vi fu
guerra aperta con i Filistei; se Saul scorgeva un uomo valente o un
giovane coraggioso, lo prendeva al suo seguito.

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